Pro e contro del Piano Renzi da decine di miliardi

di Barbara Weisz

Pubblicato 25 Febbraio 2014
Aggiornato 27 Febbraio 2014 09:20

logo PMI+ logo PMI+
Misure per imprese ben accolte da PMI, economisti e osservatori internazionali: in attesa dei fatti, focus sulla copertura finanziaria del programma.

Tutti d’accordo con Matteo Renzi sulle scelte programmatiche, a partire dal saldo dei debiti PA alle imprese e dalla riduzione a due cifre (10 miliardi) del cuneo fiscale, ma tutti unanimi per constatare che oltre alle parole servano i fatti: il programma illustrato in Senato ha dunque raccolto il favore imprenditoriale ma con molta prudenza, visto che il premier non è sceso in alcun dettaglio. E con tanti dubbi sulla copertura necessaria a realizzare piani così ambiziosi. L’ultima perplessità riguarda la difficoltà oggettiva del fare politica in Italia, dove serve una reale stagione di riforme. Analizziamo dunque reazioni, punti di forza e criticità del programma del nuovo Governo.

Più impegno sul Fisco

Mentre Confindustria e Confcommercio si sono mostrati favorevoli ma senza sbilanciarsi, in attesa della prova dei fatti, Rete Imprese Italia ribadisce le richieste presentate alla manifestazione dei 60mila a Roma e, rispetto al piano Renzi, chiedendo uno sforzo in più in ambito fiscale: meno tasse alle aziende, interventi sull’IVA, abolizione dell’IMU sugli immobili d’impresa. In conclusione, per il presidente Marco Venturi «le scelte proposte, ma anche l’assenza di indicazioni, su temi importanti ci inducono a rivendicare, una volta ottenuta la fiducia, la necessità che il Governo apra un confronto con la rappresentanza del mondo delle PMI».

Sblocco crediti più rapido

Dalla Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi chiede lo sblocco debiti PA «in tempi relativamente brevi. Se, come promesso verranno pagati 20 miliardi di euro l’anno, l’ultimo fornitore riceverà quanto dovuto nel 2018» (in tutto parliamo di circa 100 mld). Troppo poca trasparenza anche dalle amministrazioni, che entro settembre dovevano dovuto segnalare al Ministero dell’Economia l’ammontare dei debiti maturati nei confronti delle imprese private, mentre lo hanno fatto solo il 40%, «fornendo dati poco attendibili (poco più di 3 miliardi)». Bortolussi auspica che «con l’avvento del nuovo Esecutivo le cose cambino».

Fiducia prudente

La fiducia a Renzi è stata votata da Pd, Scelta Civica e Nuovo Centrodetra, non accordata da Forza Italia, Lega Nord, M5S e Sel. Il discorso del premier è stato interrotto più volte, anche platealmente, sia in Senato sia alla Camera: il commento “meno elegante” Fabio Sibilia, M5S («Tu, Matteo Renzi, e il ministro Padoan siete figli di troika»), il più ironico Matteo Salvini, Lega Nord («Le promesse di Matteo Renzi. A febbraio riforma le istituzioni. A marzo riforma il lavoro. Ad aprile riforma la pubblica amministrazione. A maggio riforma il fisco. A giugno cammina sulle acque. A luglio moltiplica pani e pesci. Ad agosto che farà?»). Preoccupato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sull’impegno politico a margine di Expo Milano 2015.

Economisti e osservatori

Da registrare, l’incoraggiamento del presidente Consob, Giuseppe Vegas, secondo cui il governo Renzi «nasce per durare», con una «risposta dei mercati favorevole» e la diminuzione della pressione fiscale considerata «una misura positiva». Più critico l’ex-ministro allo Sviluppo Economico Corrado Passera: «auguriamoci che il governo Renzi si dimostri più autorevole e concreto di quanto è stato oggi il discorso per la fiducia». L’Ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, ritiene sia «presto per giudicare» e si augura stabilità.«Le capacità di Renzi dovranno essere all’altezza delle aspettative» titola il Wall Street Journal; per Simon Nixon gli serviranno tre fattori: convincere gli Italiani ad accusare meno la Germania, Bruxelles e i mercati finanziari; riconoscere di più i fattori critici interni; fronteggiare gli interessi garantiti che bloccano le riforme (sindacati, imprese, Chiesa, fondazioni bancarie, amministratori pubblici, sistema giudiziario…). Positivo su Twitter Pierre de Gasquet di Les Echos: «nonostante un discorso un p0′ pasticciato, Renzi ha lanciato alcune idee forti sulla riduzione dei contributi e un meccanismo universale per i disoccupati».

Coperture

Alla Camera Renzi ha chiarito che per “taglio a due cifre” del cuneo fiscale intendeva 10 miliardi, a cui si devono aggiungere – se seguiamo i calcoli di Dino Pesole sul Sole24Ore – 50 miliardi in più di quanto previsto per lo sblocco dei debiti (con l’ausilio della CdP) , per un ammortizzatore sociale universale ai disoccupati almeno 18 miliardi l’anno. Insomma, per il 2014 servono decine di miliardi, che per Renzi arriveranno dalla spending review (vediamo cosa dirà il commissario Cottarelli), ma a essere ottimisti stiamo parlando di 5-6 miliardi, più altri 3 mld di risparmio sul debito grazie al calo dello spread.

Tirando le somme..

Si potrebbe concludere con un paio di dati: Renzi ha tratteggiato un programma ambizioso senza fornire dettagli su costi né misure, è stato però preciso su tempi (una riforma al mese fino a giugno) “mttendoci la faccia”. Forse è stato solo un primo step politico-programmatico, a cui seguiranno nella sede più consona i dovuti dettagli.  Se tutti sono d’accordo che l’austerity non ha pagato (a dir poco), non si può usare la stessa argomentazione (costa troppo) per stroncare le misure espansive. In fondo, c’è un Ministro dell’Economia che di bilanci pubblici se ne intende, con a disposizione le professionalità di un intero discatero per trovare gli equilibri. Tanto più che gli sprechi pubblici italiani sono da sempre tali e tanti che qualcosa si potrà ancora risparmiare. Non siamo più nell’autunno 2011, quando lo spread alle stelle imponeva soluzioni immediate: c’è tutto il tempo per predisporre vere politiche di medio e lungo termine. La cosa che il nuovo governo deve dimostrare è saper essere politicamente efficace nel tradurre concretamente e portare avanti le linee programmatiche esposte. Si attende, insomma, la risposta dei fatti, a partire dai prossimi mesi.