Presentato il Rapporto Istat “Noi Italia 2014” relativo a situazione economica, mercato del lavoro, sistema delle imprese: gli spunti positivi non sono molti, ma a ben guardare troviamo alcuni dati che potrebbero indurre all’ottimismo e riguardano le potenzialità del sistema produttivo.
Rapporto Istat
Dal Rapporto emerge che una famiglia su quattro è in condizioni di deprivazione, le persone in età lavorativa che hanno effettivamente un’occupazione sono sei su dieci, il PIL (Prodotto Interno Lordo) pro capite, a parità di potere d’acquisto, è sotto la media UE, in compenso abbiamo un livello di tassazione degno della Svezia (pressione fiscale al 44,1% nel 2012, paragonato al 44,7% scandinavo, con la differenza che da noi le tasse stanno aumentando, mentre a Stoccolma tendono a scendere).
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In compenso però la Penisola vanta il più alto numero di prodotti agroalimentari di qualità, è nella top ten continentale per numero di imprese ogni mille abitanti (qui il dato presenta in realtà luci e ombre, perché da una parte fotografa la vivacità del sistema imprenditoriale, dall’altra la sua eccessiva frammentazione), alta posizione in classifica anche per l’offerta turistica (che però non progredisce, anzi è in sofferenza negli ultimi anni), le imprese innovatrici sono in leggera flessione rispetto al triennio precedente, ma restano in numero superiore alla media europea. Come si vede, anche a voler vedere il bicchiere mezzo pieno si fa un po’ fatica, ma le potenzialità non mancano.
La struttura produttiva italiana
Il dato fondamentale è che in Italia non mancano le aziende, anzi la concentrazione di imprese è fra le più alte d’Europa: per la precisione, ci sono 63,6 imprese ogni mille abitanti, un valore che colloca il Paese al sesto posto in Europa dopo Repubblica ceca, Portogallo, Slovacchia, Grecia e Svezia.
Il tasso di imprenditorialità (quota di lavoro indipendente rispetto al totale dei lavoratori) è in assoluto il più più alto d’Europa, sopra il 30%, ed è cinque volta la media europea. Ma questo, se da una parte esprime una potenzialità (che del resto non sorprende nel Paese del Made in Italy), dall’altra nasconde un’alta frammentazione: il numero medio di addetti per impresa è pari a 3,9, solo altri quattro Paesi europei hanno dimensioni medie sotto i quattro dipendenti, ovvero Grecia, repubblica ceca, Slovacchia e Portogallo.
Va detto che la piccola dimensione delle imprese non è di per sè stessa un problema: ci sono teorie economiche che la ritengono un freno alla competitività in ogni caso, altre che invece la considerano un problema solo se rapportata ad altri fattori come la carenza di infrastrutture o i freni alla concorrenza. Comunque sia, è indubbio che il panorama produttivo italiano sia caratterizzato da un alto numero di PMI. Viceversa, i Paesi europei con la dimensione media aziendale più grande sono Germania e Regno Unito. Il dato più negativo relativo al contesto produttivo italiano riguarda la competitività: con un indice pari a 128,5 euro di valore aggiunto ogni 100 euro di costo del lavoro, il paese è fanalino di coda in Europa. Ai primi posti, Romania, Lettonia, Irlanda.
Agricoltura
Il report dedica un capitolo a parte al settore agricolo, che conta 1,6 milioni di imprese. Qui ci sono dinamiche diverse rispetto a industria e servizi: diminuisce il numero delle aziende (-32,4% dal 2000), che però aumentabno la dimensione media. Il valore aggiunto è pari a 130 euro, in crescita negli ultimi anni. L’agricoltura è un settore in cui il Paese primeggia in Europa, dove si trova sul gradino più alto del podio per numero di prodotti di qualità (seguono Francia, Spagna, Portogallo). Le specilità italiano con i marchi Dop, Igp e Stg sono 248 (dati aggiornati a fine 2012). Il settore fa da traino a una specificità italiana rappresentata dall’agriturismo, segmento in crescita con oltre 20 mila aziende sul territorio, più di un terzo gestite da donne. Bassa la partecipazione al mondo del lavoro dei lavoratori più anziani: tasso di occupazione sopra i 55 anni del 40,4%, nella parte bassa della graduatoria europea.
Mercato del lavoro
Sul fronte del mercato del lavoro le note sono dolentissime. Il tasso di occupazione è del 60,1%, che significa terzultimo posto in Europa. L’Italia è parecchio distante dagli obiettivi di Europa 2020, che prevedono un tasso di occupazione pari almeno al 75%. Le aggravanti sono:
- il forte squilibrio di genere, con un tasso di occupazione al 71,6% per gli uomini e al 50,5 % per le donne;
- un divario territoriale di circa 20 punti fra Nord e Sud.
Il 13,8% dei dipendenti ha un contratto a termine, l’utilizzo del part-time è al 17,1%, entrambi i dati sono in media europea. Il tasso di inattività, al 36,3%, è il secondo più alto d’Europa (dopo quello di Malta) pur registrando il miglioramento rispetto al 2010. La disoccupazione è al 10,7%, in crescita e ai massimi dal 2000, ma in media rispetto all’Europa. La disoccupazione giovanile è al 35,3% ed è invece fra le più alte d’Europa (dopo Grecia, Spagna, e Portogallo). La disoccupazione di lunga durata è a sua volta fra le più alte d’Europa.
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Tecnologia e innovazione
La spesa in ricerca e sviluppo, 1,25% del PIL, è nella parte bassa della classifica europea, ed è ancora più modesta (0,69%) quella del settore privato, ovvro delle imprese. Basso anche l’indce di intensità brevettuale, pochi gli addetti a Ricerca e sviluppo (ampiamente sotto la media europea), scende il numero di imprese innovatrici, che però è in media con l’Europa, mentre la quota di imprese connesse a internet tramite banda larga è invece al 91,6% e sopra la media europea (però i dati non incamerano le aziende sotto i dieci dipendenti).
Altri dati
Tra gli altri dati rilevanti per le imprese troviamo quelli relativi al benessere delle famiglie, che continua a evidenziare segni ampi di crisi (con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di mercato interno): il 24,9%, ovvero quasi una famiglia su quattro, presenta almeno tre delle difficoltà considerate nel calcolo dell’indice sintetico di deprivazione, il 12,7% delle famiglie vive in condizioni di povertà relativa, e il 6,8% in povertà assoluta. Il 58% delle famiglie a fine 2011 ha avuto un reddito inferiore a 29.956 euro annui (la media annua). Le tasse, invece sono in crescita, la pressione fiscale, al 44,1% del pil a fine 2012, è fra le più alte d’Europa (davanti a noi solo Daimarca, Belgio, Francia, Svezia e Austria). (Fonte: il Rapporto Istat Noi Italia 2014)