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Fondi UE e strategie MiSE per lo sviluppo delle PMI

di Alessandro Longo

Pubblicato 6 Dicembre 2013
Aggiornato 16 Dicembre 2013 11:17

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Intervista a Mr. PMI Giuseppe Tripoli sui programmi del MiSE per lo sviluppo e la crescita delle PMI grazie anche ai fondi europei di Horizon 2020.

Aiutare le PMI a evolvere e abbracciare l’innovazione, pur nella scarsità di fondi pubblici disponibili per questo scopo. E’ questa la missione che il Ministero allo Sviluppo Economico sta affrontando. E ora la grande sfida sarà prepararsi a sfruttare i nuovi fondi che arrivano dalla programmazione europea Horizon 2020: sarà il treno che le aziende italiane non possono permettersi di perdere. Istituzioni pubbliche e associazioni di categoria faranno la propria parte, per sostenerle, come racconta a PMI.it Giuseppe Tripoli, nominato Garante delle PMI presso il ministero.

Cosa state facendo per accompagnare le PMI verso un processo di evoluzione?

Il ministero ha affrontato vari nodi in questi anni. Il primo è quello della garanzia bancaria e dell’accesso al credito. Abbiamo ampliato il fondo centrale di garanzia e ridotto i requisiti; l’abbiamo inoltre esteso a tutti i settori. Nella Legge di Stabilità ora c’è una proposta per arrivare una forma più strutturata di garanzia, una piattaforma per consentire di utilizzare le risorse della Banca europei di investimenti (100 milioni di euro) per i grandi progetti industriali. Secondo, abbiamo consentito alle aziende più strutturate di ottenere finanziamenti al di fuori delle banche, tramite obbligazioni, che fino all’anno scorso erano utilizzabili solo da società quotate. Abbiamo già qualche risultato: 5 miliardi in obbligazioni già emesse. Terzo punto, abbiamo regolamentato il crowdfunding, strumento innovativo di finanziamento per le startup innovative.

Fin qui per quanto riguarda il credito. Ma che state facendo per favorire l’internazionalizzazione delle nostre PMI?

Abbiamo ricostruito l’ICE e l’abbiamo messo in collegamento con le Camere di Commercio per le iniziative promozionali all’estero. Adesso l’ICE e le Camere possono fare iniziative coordinate. Abbiamo inoltre aperto nuove sedi dell’ICE che si coordinano con le ambasciate locali per promuovere le attività italiane.

Va bene, ma che fine ha fatto il piano di semplificazione burocratica delle imprese, ideato dal Governo Monti?

L’ha ripresentato questo Governo e ora giace in Parlamento come disegno di legge. L’abbiamo appena sollecitato.

Sullo sviluppo digitale delle PMI che state facendo?

Il tema più importante è la Fatturazione Elettronica, ora portata avanti da iniziative della Presidenza del Consiglio (qui lo stato dei lavori aggiornato). L’altro tema a cui le PMI italiane sembrano molto interessate è l’e-Commerce. Vogliono essere aiutate a sviluppare una propria offerta online. Però al momento non ci sono fondi pubblici per questo scopo. Non sembrano interessate invece alle misure pensate per diffondere la moneta elettronica, anche se noi le riteniamo utili a incentivare lo stesso e-Commerce…

Per che cosa ci sono i fondi, quindi?

Abbiamo riordinato gli incentivi del ministero in un unico fondo per le aziende che investono in innovazione, in internazionalizzazione e per quelle che sono in crisi: 665 milioni di euro circa, di cui l’80% per le PMI. Non è più a fondo perduto ma usa il sistema del finanziamento agevolato. Il fondo si rifornisce ciclicamente con le risorse che pur essendo assegnate non sono state poi utilizzate (perché relative a leggi revocate o a progetti che non sono più partiti).

Cos’altro si potrebbe fare per l’innovazione delle aziende?

Qui il discorso è ampio. Le uniche vere risorse sono europee, quelle strutturali e quelle del programma Horizon 2020 (70 miliardi in sette anni). Riguardano sette aree che secondo l’Europa possono far fare un salto avanti alle aziende: nanotecnologie, micro elettronica, biotech, sistemi manifatturieri avanzati, materiali avanzati e fotonica. L’Italia quindi deve presentare buoni progetti all’Europa per ottenere questi fondi. Per le Pmi è importante che si formino aggregazioni di progetto con cui concorrere. Ci stiamo lavorando con le associazioni di categoria, facendo da raccordo e coordinamento. Bisogna lavorare anche sul public procurement, che è molto forte negli Stati Uniti e che in Italia comincia a svilupparsi. Ci sono palazzi della PA con tecnologie che assorbono lo smog o utilizzano materiali a efficienza energetica. Il pubblico quindi spinge già l’innovazione con le proprie commesse, ma potrebbe farlo più spesso. Non solo, penso che bisognerebbe potenziare una pratica virtuosa: le università mandano laureandi nelle pmi aiutandole a capire le proprie lacune sui temi dell’innovazione o del management per l’internazionalizzazione. Infine, lo strumento dell’incentivo fiscale andrebbe esteso anche alle aziende che investono in innovazione. Ci sono diverse proposte sul tavolo, se diventeranno una norma di legge non è facile dirlo. In passato l’abbiamo già tentato ma la proposta non ha ricevuto una copertura adeguata.

E per favorire l’aggregazione delle aziende?

E’ stato utile appunto l’incentivo fiscale, che si è esaurito quest’anno. Quindi andrebbe rifatto nel 2014. In tutti bandi pubblici inoltre bisognerebbe dare una priorità ai progetti presentati alle reti di imprese: viene già fatto, ma andrebbe fatto di più.

Un’altra idea sarebbe anche incentivare le medie imprese a portare con sé le piccole quando vanno all’estero.