L’innovazione sarebbe il fattore numero uno per spingere la competitività delle imprese, ancora più di tasse ridotte e di una legislazione flessibile. Peccato che le italiane non brillino per spirito innovatore, per quanto si registrino eccellenze creative tra start-up e imprese di giovani: è il parere dei manager italiani secondo l’indagine WOBI (World of Business Ideas) presentata al World Business Forum di Milano (5-6 novembre). Il think tank ha intervistato circa 3.500 dirigenti d’azienda, che se da una parte confermano l’importanza dell’innovazione come volano di sviluppo (al primo posto, con il 23,2% delle preferenze) e dall’altra ne individano i limiti di sviluppo nel panorama nazionale (il 42,3% ritiene le imprese italiane poco innovative).
Il confronto
Nel panorama internazionale, secondo i manager l’Italia si posiziona all’ottavo posto (6,5%), mentre i paesi in cui gli imprenditori sono ritenuti più creativi e innovativi sono USA (24,3%), Corea (12,4%), Giappone (10,8%), Cina e Brasile (8,1%), India (7,6%) e Germania (7,0%). Poco meno innovativi dell’Italia sarebbero Inghilterra (5,9%) ed Est-Europa (2,7%), seguite da Francia e Russia (2,2%).
I limiti
I fattori frenanti dell’innovazione in Italia? Al primo posto leggi e burocrazia (44,7%), ma c’è anche quella che si potrebbe definire un’autocritica: la scarsa propensione all’innovazione dimostrata dai manager (40,48%). Distanziate, l’attitudine creativa dei dipendenti (9,7%) e solo le caratteristiche peculiari del territorio italiano (0,9%). Su quali tasti spingere per aumentare il potenziale innovativo dell’azienda? La formazione, 29,4%, il networking, 22,9%, il benchmarking, 21,6%, i social media, 13,1%, e le partnership con altre organizzazioni, 11,1%.Oltre che a puntare sull’innovazione, per fare impresa in Italia servirebbero poi: una tassazione meno pesante (15,6%), percorsi di formazione di respiro internazionale (15,2%), una legislazione più flessibile (13,8%), più opportunità di aprirsi ai mercati internazionali (12,5%).
Le potenzialità
Il patrimonio creativo delle aziende è rappresentato dalle persone: il 49,6% degli intervistati ritiene prioritario per stimolare l’innovazione il giusto approccio dei manager, mentre un altro 26,5% privilegia quello dei dipendenti. La fascia di età più creativa è ritenuta essere quella dai 30 ai 40 anni (76,1% dei manager) seguita dai 20-30enni (16,9%), che distanziano i 40-50enni (5,6%) e i 50-55enni (1,4%). La tecnologia risulta strategica: l’accesso al digitale è fondamentale per il 50,7% dei manager e molto importante per il 32,4%, mentre solo il 15,5% lo definisce abbastanza importante e un risicato 1,4% poco importante.
I settori
A farla da padroni sono quelli che tradizionalmente esprimono le eccellenze del Made in Italy: arredamento e design 28,4%, moda e abbigliamento 25,7%, food and beverage 16,4%. Percentuale a due cifre anche per Tecnologia e Computing (11,5%), mentre sono distanziati altri segmenti come Servizi alle imprese e Commercio, entrambi al 4,4%, la produzione di beni durevoli e l’industria chimica e farmaceutica al 3,3%. La sorpresa più amara? L’Italia potrebbe puntare senza sforzi il Turismo, che invece resta in coda con l’1,6%. Ancora peggio fanno banche e industria finanziaria (1,1%), anche questo un forte limite se si pensa all’importanza che l’accesso ai finanziamenti ha per sviluppare nuove idee di business e stimolare ricerca, sviluppo, innovazione.
Gli investimenti
Lo scarso approccio innovativo dei manager, la crisi (anche di liquidità), il difficile accesso al credito, la poca disponibilità di strumenti finanziari ad hoc, la mancanza di finanziatori specializzati, sono probabilmente gli elementi alla base delle non esaltanti cifre sugli investimenti in innovazione delle aziende: il 38% investe fino al 2% del fatturato, il 21% investe dal 2 al 5% dei ricavi e un altro 21% dedica all’innovazione una quota di budget tra il 5 e il 10% del fatturato. L’11,3% di imprese investe oltre il 10% mentre c’è un 8,5% che non effettua alcuna spesa in innovazione.
Le innovazioni
Fra le aziende che negli ultimi hanno apportato qualche innovazione, il 24,7% ha puntato sul miglioramento di prodotti e servizi esistenti, il 22,4% ha lanciato nuovi prodotti e servizi e un’analoga percentuale ha modificato i processi (interni ed esterni), il 15,3% ha innovato modalità e canali di vendita e un’analoga percentuale ha innovato in ambito CRM (gestione delle relazioni con i clienti). Le imprese più innovative sono considerate le Start up (49,3%) seguite dalle imprese giovanili (40,8%). Solo il 9,9% dei manager pensa che le aziende con una lunga storia siano le più disposte a innovarsi. Di contro, quelle attive da molto tempo sono più facilitate nello sviluppo internazionale (52,1%) rispetto al 31% di quelle più giovani e al 16,9% di quelle in fase di avvio (guarda la mappa delle start-up innovative).