I problemi dei conti pubblici si riflettono non solo sull’aumento IVA – che in mancanza di novità aumenterà al 22% dal 1 ottobre – ma anche sull’abolizione del saldo IMU 2013 per prime abitazioni: si profila infatti una nuova ipotesi di rimodulazione per recuperare 1,5 miliardi da destinare al congelamento fino a dicembre l’IVA al 21%, ma la verita è che qualsiasi intervento necessiterebbe di un finanziamento ad hoc, vista la situazione dei conti pubblici fotografata dal DEF.
Ipotesi su IMU e IVA
Il compromesso sull’IMU sarebbe ampliare la platea di prime abitazioni a cui continuare a far pagare la tassa: non soltanto i possessori di prime case di lusso – A1 (case signorili), A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi storici) – ma anche quelli di prime case di pregio. Il compromesso sull’IVA sarebbe il rinvio dell’aumento di un solo mese (da ottobre a novembre) in attesa di una soluzione strutturale nella Legge di Stabilità di metà ottobre,(ad esempio rimodulando le aliquote: quella più alta al 21% ma con nuovo paniere per i beni compresi nele altre due al 10 e 4%). Si tratta di un’ipotesi, resta più probabile lo scenario che vede l’aliquota aumentare al 22% il prossimo 1 ottobre.
I conti pubblici
Per evitare l’aumento IVA (1 miliardo) e togliere il saldo IMU da tutte le prime case (2,4 miliardi) ci vogliono da qui a fine anno 6 miliardi: perché bisogna comprendere anche 400 milioni per rifinanziare la cassa integrazione in deroga, altrettanti per le missioni internazionali di pace, e un altro miliardo e mezzo per recuperare quel punto decimale di troppo e far tornare il rapporto deficit-PIL sotto il 3%.Tutti soldi che bisogna reperire tagliando da altre parti ma qualsiasi intervento va finanziato, altrimenti non si può fare. E il discorso vale anche per gli anni prossimi. La tensione è alta, con un acceso dibattito politico: Pdl irremovibile su IVA e IMU e la minaccia di dimissioni del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Intendiamoci, in vista c’è una Legge di Stabilità dalla quale si attendono ulteriori risparmi di spesa, anche se già conterrà anche un taglio del cuneo fiscale da 5-6 miliardi di euro. Insomma, c’è una chiamata ai partiti (e forse anche alle parti sociali) a un dibattito sereno, vista la gravità della situazione.
Richieste delle imprese
In attesa delle mosse dell’Esecutivo dal mondo delle imprese arrivano una serie di prese di posizione. Confindustria ribadisce che lo stop all’aumento IVA non è una priorità, mentre il vero banco di prova è «l’alleggerimento della pressione fiscale su imprese e lavoro» spiega il presidente Giorgio Squinzi, riferendosi quindi a quell’intervento sul cuneo fiscale che in effetti è uno dei punti principali contenuti nel cosiddetto accordo di Genova, firmato insieme ai sindacati confederali sulle richieste al governo per la prossima Legge di Stabilità. Molto più agguerrite sul fronte Iva sono invece le PMI.
Confcommercio «chiede al Governo e alla politica tutta un supplemento di impegno e responsabilità per evitare l’aumento dell’Iva perché oggi è più che mai necessario sostenere con ogni mezzo la domanda interna che è e rimane la vera priorità della nostra economia», e torna a sottolineare «gli effetti recessivi e depressivi» che l’aumento dell’aliquota avrebbe.
Rete Imprese Italia insiste a sua volta sul fatto che l’aumento possa «rivelarsi estremamente dannoso per i consumi», in un paese che dal 2008 ha visto il potere d’acquisto delle famiglie calare del 9,7%, e chiede che l’aumento IVA venga scongiurato attraverso ulteriori riduzioni di spesa pubblica. Quanto all’IMU, l’associazione insiste sull’introduzione di forme di deducibilità per le imprese, come anticipato in sede di primo decreto IMU di maggio.