Un mercato del lavoro precario non aiuta il decollo della previdenza complementare, che in Italia continua ad avere adesioni basse nonostante i migliori rendimenti dei fondi pensione rispetto al TFR nell’ultimo anno.
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Il problema è che, come spiegano gli economisti, la previdenza alternativa non funziona senza una vita lavorativa lunga e sicura, che permetta di effettuare investimenti in vista della pensione: se ci sono precarietà e basse entrate, ne risentiranno le scelte di risparmio.
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Tutto questo, però, in un quadro di grande incertezza sulla pensione futura, che si stima ammontare a circa la metà del reddito da lavoro.
Pensione integrativa
La crisi ha il duplice effetto di far salire l’esigenza (e quindi la potenziale domanda) di un secondo pilastro previdenziale, ma contemporaneamente rende difficili gli investimenti in questo senso.
Ma se è se crisi, disoccupazione e precarietà del lavoro non fanno decollare la previdenza integrativa, c’è da dire che sussistono anche limiti tecnici, per esempio legati ai rigidi paletti dell’investimento (non è agevolissimo cedere o riscattare quote). Gli allarmi sulla scarsa attrattività dimostrata sino ad ora dai fondi pensione si moltiplicano: Corte dei Conti, Covip, altri enti ed istituzioni.
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Gli iscritti a un fondo integrativo nel 2012 erano 5,8 milioni (+6% sul 2011): il 24,1% dei lavoratori italiani (dati Covip). La percentuale è più alta fra i dipendenti del settore privato, più bassa per autonomi e liberi professionisti, quasi irrisoria nel settore pubblico. Il tasso di adesione, calcolato come rapporto tra iscritti e occupati, è al 28,9% per i lavoratori dipendenti del settore privato, al 24,3% per gli autonomi, al 4,4% per i lavoratori dipendenti del settore pubblico.
Uno sguardo al resto d’Europa: secondo un’indagine ING su pensioni e risparmio a lungo termine in Europa, la media continentale di adesione alla previdenza integrativa è pari al 42% (quindi molto più alta che in Italia).
Fondi pensione o TFR?
Si può fare un’ultima considerazione rispetto alla “concorrenza diretta” dei fondi pensione, ovvero sul TFR, forma di risparmio a cui hanno accesso i lavoratori dipendenti: nel 2012 i rendimenti dei fondi pensione (+8%) sono andati meglio delle rivalutazioni del TFR (+2,9%) con performance fino a cinque volte migliori nell’arco di tempo 2005-2012.
Dunque, il rendimento sembra favorevole ai fondi pensione mentre a vantaggio del TFR si possono citare il rendimento certo, l’incasso al momento in cui si perde il lavoro e la possibilità di riscatto.