Il modello di sviluppo basato sui distretti industriali – agglomerazioni orizzontali di imprese, in genere PMI, ubicate in un ambito territoriale circoscritto e storicamente determinato, specializzate in una o più fasi di un processo produttivo – non è un’ esclusiva italiana ma ha trovato in Italia le condizioni ideali per la sua affermazione.
Essendo l’imprenditoria del Bel Paese costituita per oltre il 90% da PMI, questa soluzione permette di compensare il gap finanziario e competitivo con le grandi aziende.
“Se questo modello è strategico in Italia perché non internazionalizzarlo?”: questa la proposta lanciata al II Convegno Nazionale “L’internazionalizzazione delle PMI” da Marcelo Evangelista, economista consulente della Commissione Europea e responsabile della Divisione Internazionale di B&C.
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Le PMI italiane da sole non hanno la forza di insediarsi in un nuovo mercato, se non con l’import/export, mentre invece si può declinare il distretto industriale in veste internazionale, facendo leva sull’alleanza con i connazionali già presenti sul territorio: dati e analisi a supporto della strategia economica teorizzata del Evangelista ne confermano le opportunità di business.
Imprenditori italiani all’estero
Per l’attuazione di una strategia d’internazionalizzazione del Sistema Italia è necessario individuare un nuovo approccio che valorizzi gli Italiani all’estero come leva per l’internazionalizzazione delle imprese, per il coordinamento delle attività di diffusione, informazione e assistenza alle imprese, per attivare progetti di partenariato e promuovere iniziative che aiutino la costituzione di distretti, reti di imprese, aggregazione in
forme cooperative, consortili e di associazioni temporanee.
Molti Italiani all’estero hanno competenze ed esperienze imprenditoriali che consentono una più chiara comprensione delle dinamiche e delle esigenze dei mercati più interessanti per l’internazionalizzazione delle PMI italiane. Gli stessi emigrati e le associazioni regionali di riferimento rappresentano un veicolo privilegiato d’informazione e promozione, purché inseriti in un network locale con un ruolo specifico nella strategia di posizionamento su quel mercato.
Tuttavia si ha l’impressione di una scarsa attenzione prestata finora al coinvolgimento ed alla cooperazione con l’imprenditoria italiana all’estero come risorsa per attuare una strategia d’internazionalizzazione del Sistema Paese: non ne tengono conto né l’Atto Europeo per le Piccole Imprese (Small Business Act) in vigore dal 2008, né le successive modificazioni istituzionali per migliorare il coordinamento delle iniziative di internazionalizzazione.
Il Modello in veste internazionale
Recenti studi – realizzati nel Nord-Est d’Italia – fanno emergere un interessante approccio dei distretti industriali all’internazionalizzazione: in alcuni casi, è la plurilocalizzazione delle attività all’estero che determina il vantaggio competitivo dell’impresa.
Il settore del mobile ha avviato anni fa un’interessante iniziativa in Brasile attivando un distretto industriale di 16 aziende italiane in partenariato con imprese brasiliane, molte delle quali d’origine italiana: in questo modo si è
posizionato in un mercato interessante che, in precedenza, era di difficile accesso.
E’ un modello da considerare, visto che in alternativa troviamo repliche dei nostri distretti industriali nel nostro stesso territorio: “A Prato è stato creato un insediamento cinese” – spiega Evangelista – che ha mutuato (per non dire replicato, ndr) lo schema e i processi d’integrazione e produzione del distretto italiano, per offrire poi lo stesso prodotto – nello stesso territorio – a minor prezzo, schiacciando inevitabilmente la storia e il know how di qualità made in Italy.
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I mercati più interessanti
Il mercato dell’America Latina e del Mercosur in particolare offre oggi opportunità molto interessanti, con oltre 4 milioni di residenti italiani: il 70% della presenza italiana in America si trova nel Mercosur e l’Argentina è il secondo paese dopo la Germania per presenza italiana nel mondo.
L’italianità nell’area del Mercosur vanta la presenza di oltre 500 imprese in Brasile, 200 in Argentina e altrettanto nel resto dei paesi della regione; si contano circa 400 associazioni regionali in Argentina, dove sono rappresentate tutte le regioni italiane e in minore misura in Brasile, Uruguay e Venezuela.
“Questa presenza, attraverso il gruppo di Parlamentari eletti all’estero, dovrebbe facilitare il coinvolgimento delle comunità italiane all’estero e incoraggiare le sinergie possibili fra l’imprenditoria nazionale, ed in particolare le PMI e l’imprenditoria creata dai nostri connazionali nei paesi d’adozione, in totale coerenza con lo scopo della rappresentazione parlamentare delle circoscrizioni estere” – continua Evangelista, che con la società di consulenza B&C si occupa di supportare il processo di internazionalizzazione delle PMI creando una piattaforma di professionisti, imprese e referenti italiani all’estero.
Il Mercosur è un mercato da 275 milioni di persone con livello di reddito interessante, stabilità macroeconomica, PIL di 3.332.818 milioni di dollari, crescita media negli ultimi 6 anni del 3-8% e un livello di commercio estero superiore a 800.000 milioni di dollari. L’attuale crisi internazionale trova questo mercato in un processo di re-industrializzazione. Il recupero del mercato interno che accompagna le attuali politiche economiche di questi paesi è un’opportunità che l’Italia non dovrebbe lasciar passare. Includendo l’imprenditoria italiana all’estero come piattaforma di appoggio per il posizionamento delle PMI italiane in questo caso il Mercosur, si potrà recuperare una posizione oggi molto al di sotto delle possibilità reali.