Professionisti e PMI: crisi o ripresa?

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 2 Gennaio 2013
Aggiornato 4 Gennaio 2013 09:10

Il punto di vista delle piccole e medie imprese italiane, dei professionisti e degli artigiani in chiusura 2012: le aspettative per il nuovo anno, i punti di forza per la ripresa e le criticità da superare a ogni costo.

Dall’ultima indagine Ipsos condotta tra piccole e medie imprese, artigiani e professionisti per conto della CNA emerge un sostanziale pessimismo basato sulla contingente situazione economica, per quanto un campione significativo ritiene di poter reagire positivamente alla crisi.

=>Confronta con il Barometro SBS di American Express

Pessimismo

Secondo il 58% degli intervistati, il peggio non è ancora arrivato. Il dato sale al 61% delle imprese impegnate in commercio e servizi, ma è più positivo nel settore del manifatturiero, dove si ferma comunque a più della metà degli intervistati (54%).

Quando si cambia argomento, per passare alle considerazioni sull’andamento economico, il 63% del campione esprime una grave insoddisfazione, definito dalla media tra il dato peggiore fatto registrare dalle aziende del settore delle costruzioni (67%) e quello migliore del manifatturiero (58%).

Il 58% degli intervistati ritiene che la situazione della propria azienda sia peggiorata rispetto all’anno precedente: in particolare, il 72% del settore delle costruzioni ha fatto registrare il dato peggiore, mentre il 49% del manifatturiero quello più positivo.

Speranze

Anche se il 38% delle aziende ritiene che la situazione peggiorerà nel prossimo anno, un significativo 22% ritiene che la situazione sia destinata a migliorare, e addirittura un 35% è convinto che non ci saranno problemi ulteriori rispetto a quelli già registrati nell’anno precedente.

Non solo dati negativi dunque (tra i quali spicca il ritardo nei pagamenti delle amministrazioni pubbliche), ma anche leve che potranno consentire una ripresa per le aziende: internazionalizzazione, ripresa dei consumi, aumento della domanda domestica.

Secondo gli artigiani, in particolare, sono centrali la maggiore capacità di incasso dai propri clienti (alla luce del fatto che l’uscita dalla crisi consentirà ai consumatori una maggiore liquidità), le nuove norme in tema di lavoro e un più facile accesso al credito.

Le PMI del manifatturiero ritengono invece che si potrà contare sull’ampliamento della base dei propri clienti e sulla possibilità di spostarsi anche sui mercati esteri. Sul fronte negativo si paventa invece una ulteriore contrazione della domanda. Malgrado ciò, solo l’11% del campione teme la chiusura della propria azienda (il 21% nel settore delle costruzioni), rispetto al 41% delle ultime rilevazioni precedenti a questa, anche se ben il 48% del campione è pessimista riguardo al futuro, il 35% ottimista e il 17% attendista.

Imprese e Governo

L’indagine scandaglia anche il rapporto tra imprese e politica e quanto gli imprenditori intendano efficaci le forze messe in campo dalla politica per fronteggiare la crisi economica. È evidente la distanza esistente presente tra i due poli del discorso.

Secondo quattro imprese su cinque la classe dirigente è poco attenta all’economia, addirittura l’86% del campione ritiene che i politici siano scarsamente preparati e, invertendo i ruoli, se gli imprenditori fossero al governo darebbero massima priorità ai temi fiscali (riduzione del prelievo, sforzo maggiore per la lotta all’evasione).

Se per le imprese è necessario che la politica faciliti l’accesso al credito, dal conto loro artigiani e fornitori di servizi richiedono a maggioranza l’apertura del mercato del lavoro, mentre le imprese di costruzioni pongono l’accento sull’importanza delle opere pubbliche e sullo snellimento della burocrazia.

Quel che ci si aspetta con maggiore immediatezza è la riduzione del peso fiscale e, soprattutto da parte di industrie e artigiani, l’Iva per cassa, così da non dover più anticipare l’imposta non riscossa dai clienti.

Le richieste di supporto vanno infine nella direzione di maggiori finanziamenti per gli investimenti in ricerca e innovazione, del sostegno alle esportazioni (segno che le imprese vedono nei mercati esteri una boccata d’ossigeno) e dei finanziamenti alle aggregazioni di imprese, cruciali in un Paese come il nostro, dove l’ossatura del sistema industriale è retta da piccole e medie imprese.