L’Agenda Digitale Italiana sembra essersi dimenticata delle PMI. Almeno in parte. Almeno rispetto a quello che le aziende e molti esperti si auspicavano. Fa strada questa consapevolezza, a poche settimane dalla pubblicazione del Decreto Crescita 2.0, ossia il DL Sviluppo Bis, che è «il primo esempio di piano normativo strutturato con cui l’Italia cerca di abbracciare in toto il digitale», dice Francesco Sacco, responsabile del centro di ricerca EntER-Bocconi:
=> Scarica il DL Crescita 2.0 con le misure per start up e il Piano Digitalia
Lo scenario è ancora aperto, beninteso. Il decreto va ora incontro a numerosi emendamenti parlamentari che presumibilmente lo miglioreranno (fino a un certo punto: gli stretti vincoli finanziari del Tesoro remeranno contro l’aggiunta di incentivi alle imprese). Ma non bisogna commettere l’errore di far coincidere il Decreto con l’Agenda, che si compone di tante altre misure previste da altri decreti, regolamenti e provvedimenti ministeriali.
Dl Crescita 2.0 e PMI
In Crescita 2.0 qualcosa per le PMI c’è, come già analizzato, soprattutto in direzione dei Confidi e delle reti d’impresa:
=> Leggi le misure per PMI nel Dl Sviluppo Bis (Crescita 2.0)
Eppure la delusione resta. Crescita 2.0 doveva essere il motore per avviare la metamorfosi digitale italiana. Della famiglie, della pubblica amministrazione, certo; ma anche delle imprese. «Il governo ha scelto di concentrarsi sulla dimensione della pubblica amministrazione. Che è importante. Ma ha dimenticato gli incentivi all’innovazione delle nostre aziende. In particolare le PMI ne avrebbero bisogno», dice Andrea Rangone, a capo degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano. «Non ci sono contributi né incentivi fiscali per la loro innovazione digitale. Non ci sono riferimenti all’e-commerce, l’e-procurement, la fattura elettronica», aggiunge.
E-commerce fuori dal Dl Crescita 2.0
Secondo i dati della Commissione Europea, le aziende italiane sono sotto la media per uso della fattura elettronica, negli acquisti online e soprattutto per quota di PMI che vendono online (e-commerce), il 3,8%, nel 2011: peggio fa solo la Bulgaria. Per il 2012 la Commissione non ha dati; è presumibile che la situazione sia un poco migliorata grazie al fenomeno couponing (Groupon e simili), ma il problema resta tutt’altro che risolto. Il paradosso è che proprio il commercio elettronico ha subito la maggiore penalizzazione con Crescita 2.0. In fase di bozza il decreto vi dedicava due articoli importanti, poi spariti:
- Agevolazioni fiscali per i contratti di rete,
- Detassazione ricavi da attività di commercio elettronico internazionale delle medie imprese.
«E’ molto grave che il decreto abbia sottovalutato l’importanza dell’e-commerce», dire Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico. «Servono incentivi per spingere le nostre aziende a vendere online.
Il dato che più evidenzia il problema è forse questo: la nostra bilancia commerciale, nell’e-commerce, è negativa per 1,3 miliardi. Cioè importiamo online molto di più di quanto esportiamo, in contrasto con la vocazione del nostro manifatturiero, molto votato all’export», continua Liscia. E’ un danno al sistema Paese e una grossa opportunità sprecata per le nostre aziende. «Per rimediare, abbiamo calcolato che le misure stralciate dal decreto sarebbero costate 30 milioni di euro allo Stato», aggiunge. Una spesa ampiamente ripagata dai benefici di breve periodo, secondo il Politecnico.
Come rilanciare il commercio elettronico
“L’e-commerce può costituire un fattore fondamentale di sviluppo per l’intero sistema e un’occasione per far crescere la competitività di tutte le imprese italiane. Produttività in Italia che – come noto – si è ridotta di oltre 15 punti in 10 anni (ossia a parità di ore lavorate si è prodotto il 15% in meno)”, si legge nel primo Osservatorio sull’Agenda Digitale, del Politecnico di Milano. Che dà tre consigli:
- “la PA sia esempio di e-commerce, attraverso la spinta all’e-procurement e alla Fatturazione Elettronica”;
- “incentivi all’e-commerce B2b (es.: sgravi fiscali), inteso come digitalizzazione dei processi commerciali tra imprese, giustificati dai rilevanti ritorni su questi investimenti e potenzialmente finanziabili anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, che potrebbe essere favorita proprio dalla diffusione di queste pratiche”. Incrementando del 10% il tasso di utilizzo dei pagamenti elettronici nel mondo del retail consumer (dal 20% attuale al 30%), si può ridurre l’evasione fiscale per 5 miliardi di euro all’anno secondo il Politecnico.
- “investire in formazione, affinché le aziende che si affacciano al mondo dell’e-commerce lo possano fare con la consapevolezza necessaria, comprendendo fino in fondo le implicazioni organizzative che riguardano l’implementazione e la gestione di una soluzione di e-commerce”.
Nel futuro delle PMI..
«Non ci siamo dimenticati delle PMI. In Crescita 2.0 ci sono misure per facilitare l’accesso al credito bancario, l’export di piccole aziende; e abbiamo esteso i contratti di rete alle imprese agricole per favorirne l’aggregazione», ricorda Giuseppe Tripoli, Garante delle PMI e responsabile e-commerce per i lavori sull’Agenda Digitale, presso il ministero allo Sviluppo Economico. «Il ministero farà poi norme per la semplificazione burocratica, soprattutto in tema di ambiente e lavoro».
«Riprenderemo le misure previste per l’e-commerce che erano nelle bozze del decreto». L’idea è dare uno sconto fiscale sui ricavi da e-commerce. Magari con alcuni vincoli: concedendolo solo alle aziende che fanno per la prima volta e-commerce e/o solo sui ricavi internazionali (export tramite vendite online).
«Le aggregazioni o i consorzi d’impresa per le vendite online sono positivi, per affrontare insieme le problematiche tecniche e logistiche connesse all’e-commerce- aggiunge Tripoli. Ma penso che sia meglio lasciare alle associazioni come Netcomm l’incentivo di queste iniziative».
..e delle startup innovative
Bisognerà vedere se le promesse andranno in porto, insomma. E quanto a promesse, ne hanno da contare anche le startup. È vero che, almeno per loro, c’è un bel pacchetto di norme e incentivi nel Crescita 2.0, ma qui è sparita la misura più attesa (e forse anche la più importante): un’iniezione di liquidità nel sistema dei venture:
=> Leggi le agevolazioni per Srl semplificate nel Dl Sviluppo
La promessa, di Sviluppo Economico, è però di lavorarci in seguito: intende aumentare, tramite Cassa Depositi e Prestiti, le risorse a disposizione del Fondo italiano di investimento a favore del venture capital, per una somma compresa tra 50 e 100 milioni di euro.
Fattura Elettronica vicina ma lontana
Sembra invece ormai quasi in porto l’annoso capitolo della Fattura Elettronica, in teoria già prevista dalla Legge 244 del 2007. Per anni sono mancati gli ultimi passaggi, ma a ottobre il Consiglio di Stato ha dato il via libera dallo schema di regolamento ministeriale.
I tempi sono ancora lunghi, ma almeno ci si muove: entro dodici mesi la Fattura Elettronica dovrà essere adottata da ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale. Il termine sale a 24 mesi per le altre amministrazioni incluse nell’elenco Istat, tranne quelle locali per le quali la data di decorrenza sarà determinata con decreto dell’Economia, di concerto con l’Innovazione e d’intesa con la Conferenza Unificata.
I risparmi che ne verranno sono di un miliardo di euro per la PA e di un altro miliardo per le aziende fornitrici, secondo stime del Politecnico. Il tutto fungerà inoltre da sprone per le aziende a informatizzarsi.
Insomma: tempi lunghi, digestione lenta, alcune promesse in bilico per sciogliere gli ultimi nodi critici; ma nel giro di pochi anni le PMI si ritroveranno in un’Italia rinnovata dal vento del digitale. Questo è il programma. Adesso, meglio essere realisti. Più che lamentarci per la lentezza della roadmap, dobbiamo augurarci che tutto vada in porto come promesso.