Tratto dallo speciale:

Legge di Stabilità: IRPEF e IVA, i conti del Governo e quelli dell’Istat

di Barbara Weisz

Pubblicato 23 Ottobre 2012
Aggiornato 14 Aprile 2017 10:07

Il ministro dell'Economia Grilli difende la manovra, i vantaggi IRPEF e il peso dell'IVA; diverse le stime Istat e della Corte dei Conti: i dettagli.

L’effetto combinato delle due misure sull’IRPEF, la riduzione delle prime due aliquote e il taglio a deduzioni e detrazioni, avrà un effetto positivo per il 99% dei contribuenti secondo il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che sottolinea anche un effetto di stimolo al mercato del lavoro in virtù di una riduzione del cuneo fiscale.

Secondo le stime del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, le due misure aumentano dello 0,5-0,8% il reddito delle famiglie – ma avvantaggiano maggiormente il ceto medio e medio alto, mentre il beneficio minore va ai due estremi: i redditi più bassi e quelli più alti – e comportano un aggravio maggiore per le famiglie con figli.

Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, invece, critica la stretta sulle detrazioni e denuncia un aggravio fiscale complessivo sui redditi sotto i 15mila euro.

Quanto all’altra misura fiscale al centro dell’interesse, l’aumento di un punto dell’IVA dal luglio 2013, Grilli ritiene che non impatti sui consumi delle famiglie a reddito più basso, e ritiene che la combinazioneIVA-IRPEF abbia un impatto redistributivo equo.

Secondo Giovannini, invece, l’aumento IVA si ripercuoterà sull’80% dei beni di consumo e avrà un effetto più evidente sui redditi bassi. Ma sia il ministro che il presidente dell’Istat ammettono che i calcoli precisi sono complessi ed è presto per farli.

in estrema sintesi i punti principali toccati dal ministro del Tesoro, dal numero uno dell‘istituto di statistica e dal presidente della Corte dei Conti nel corso delle rispettive audizioni davanti alle commissione Bilancio di Camera e Senato di oggi, 23 ottobre.

Gli effetti IRPEF

MEF

Il ministro dell’Economia spiega che, in base alle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, sui 40 milioni di contribuenti italiani sono circa 495mila coloro su cui l’impatto delle misure IRPEF è non positivo o negativo.

Per questi redditi alti l’aggravio derivante dall’introduzione della franchigia di 250 euro (<= Scopri i tagli retroattivi) e del tetto massimo di spesa detraibile (detrazioni fino a 3mila euro => approfondisci)prevale rispetto al beneficio della riduzione delle aliquote, con un aggravio medio pro capite di circa 190 euro. Sopra i 200mila euro, l’impatto negativo riguarda il 9% dei contribuenti.

Per gli altri, invece, l’effetto è positivo, nel senso che c’è un beneficio fiscale, che varia a seconda delle tiplogie di reddito. In termini percentuali, significa che il 99% dei contribuenti alla fine pagherà meno tasse. Il beneficio complessivo secondo Grilli è così distribuito:

  • per il 54% a favore dei lavoratori dipendenti;
  • per il 34% ai pensionati;
  • per il 10% ai redditi autonomi;
  • il restante 2% agli altri.

In soldoni, si stima un beneficio fiscale pro-capite medio di 160 euro all’anno, con una punta massima fra i 220 e i 230 euro per i redditi fra i 25mila e i 45mila euro, mentre sopra questa soglia il vantaggio si riduce progressivamente

Tasse e sconti fiscali => leggi quando scattano

Istat

L’Istat sottolinea innanzitutto come i benefici siano inferiori per le famiglie con figli, soprattutto se minori: questo dipende, spiega Giovannini, «dal più alto rapporto fra il numero di persone che generano spese deducibili e detraibili e il numero di percettori che caratterizza queste famiglie. Le modifiche dell’IRPEF penalizzano i primi e attribuiscono vantaggi solo ai secondi, attraverso la riduzione delle aliquote».

E lo svantaggio risulta più evidente se i figli sono di minore età, «o comunque ancora impegnati negli studi o non economicamente autosufficienti, poiché si lega al fatto che la cura dei figli riduce le probabilità di occupazione delle madri (e, per quelle occupate, costituisce un ostacolo al conseguimento di maggiori guadagni)».

Comunque, anche l’Istat ritiene che in generale l’effetto combinato dei due interventi IRPEF (aliquote e detrazioni) sia destinato ad essere positivo per la grande maggioranza delle famiglie. Ma non per il 99% stimato dal ministero del Tesoro: secondo l’Istat a risparmiare sulle tasse saranno il 77% delle famiglie, a cui si aggiunge un 14,9% che non subirà alcun impatto. Aggravio fiscale, invece, per il 7,4%.

La riduzione d’imposta media è calcolata in 340 euro a famiglia, quindi più alta di quella del Governo, con punte per i redditi individuali sopra i 28mila euro (che cresce ulteriormente nel caso in cui ci siano più percettori di reddito in famiglia). Beneficio minore, invece, per chi guadagna meno di 28mila euro e per le famiglie monoreddito.

In termini percentuali, l’Istat calcola un impatto positivo sul reddito fra lo 0,5 e lo 0,8%, sottolineando che i meno avvantaggiati sono i redditi più bassi e quelli più alti. Nessun vantaggio per i redditi esenti, sotto gli 8mila euro.

Corte dei Conti

A smentire le stime del ministero relative all’effetto IRPEF ci pensa anche la Corte dei Conti, secondo cui se in generale l’alleggerimento del carico fiscale è un’inversione di tendenza apprezzabile, la norma comporta «specifici rischi e incertezze».

Le incertezze riguardano l’articolazione dei tagli a detrazioni e deduzioni, che non consente una misurazione puntuale delle implicazioni sull’assetto complessivo dell’IRPEF.

La Legge di Stabilità è sfavorevole per i redditi più bassi, ovvero per 20 milioni di contribuenti sotto i 15mila euro. Questo perchè il taglio delle aliquote non tocca del tutto i 10 milioni di incipienti, e ha anche effetti «molto limitati» peri restanti 1′ milioni sotto i 15mila euro, su cui invece ha effetto significativo l’aumento IVA.

E’ invece positivo il saldo per i 15 milioni di contribuenti fra i 15mila e i 29mila euro: per loro, il taglio IRPEF assorbe sia il taglio a deduzioni e detrazioni sia l’aumento IVA.

L’effetto IVA

MEF

Il Tesoro ritiene che l’effetto recessivo dell’aumento di un punto IVA sia relativamente contenuto, almeno rispetto agli allarmi che subito si sono susseguiti (PMI: allarme sull’IVA => Leggi): in particolare, la misura non intacca i redditi più bassi. Circa il 50% dei consumi, secondo il ministro, «non è soggetto aIl’VA o soggetto aIl’VA al 4%. Abbiamo circa il 50% dei consumi che non sono toccati dal rialzo delle aliquote del 10 e del 21%», quindi quello interessato dall’aumento «è il 50% meno rilevante per le fasce di reddito più basse».

Il ministro ammette comunque che al momento non esistono stime precise sull’effetto redistributivo della manovra combinata IRPEF/IVA.

Istat

Anche qui, l’Istat presenta stime diverse: ad essere colpiti dall’aumento di un punto delle aliquote sarebbe l’80% dei consumi. Nel dettaglio, c’è un impatto teorico sui singoli prezzi pari allo 0,83% su beni e servizi attualmente sottoposti all’aliquota del 21%, che pesano per il 51% sul paniere dei prezzi al consumo, e dello 0,91% sui beni attualmente tassati al 10%, che rappresentano il 29% dei prodotti.

Quindi, c’è un effetto al rialzo sull’80% circa dei consumi.

Effetto complessivo della manovra

Il ministro Grilli stima che il Ddl di Stabilità 2013 avrà effetti complessivi positivi, «anche se non particolarmente marcati», per la precisione pari allo 0,1% del PIL. L’impatto sarà positivo non solo nel medio, ma anche nel breve periodo.

In generale, la norma è «ispirata a un principio solidaristico» volto a «salvaguardare primariamente le fasce sociali più deboli, ferma restando l’irrinunciabile esigenza di garantire l’invarianza dei saldi di finanza pubblica».

La riduzione di un punto percentuale dell’IRPEF è preferibile alla riduzione dell’IVA perchè riduce il cuneo fiscale e produce effetti di incentivo sul mercato del lavoro sia dal lato dell’offerta (inducendo maggiore partecipazione), sia dal lato della domanda, favorendo le imprese domestiche.

E c’è anche un effetto equità determinato dal fatto che “chi evade IRPEF non evade l’IVA», che è una tassa indiretta, quindi «pagata da tutti, evasori compresi».

Quanto alla congiuntura economica, l’Istat rileva i primi segnali di ripresa dell’economia italiana: sono timidamente emersi dalla nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza) e proseguono nelle ultime settimane. Restano segnali di sofferenza sul lato della famiglie, il cui potere d’acquisto nel secondo trimestre si è ridotto dell’1,6% sul periodo gennaio-marzo 2012 e del 4,1% rispetto ad aprile-giugno 2011. Rispetto ai primi sei mesi del 2011, la perdita di potere d’acquisto è pari al 3,5%. E la propensione al risparmio ha toccato il minimo storico assoluto.