Spending review: riflettori puntati sul piano di interventi volti a scongiurare il potenziale aumento IVA di 2 punti percentuali a ottobre 2012. L’orientamento del Governo è di ridurre l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto a gennaio 2013, limitandolo all‘1%. I più ottimisti non escludono la possibilità di evitare del tutto gli aumenti.
Le ipotesi a cui si sta lavorando sono due: un decreto più leggero da 5-6 miliardi di euro o uno più pesante da 8-10 miliardi.In entrambi i casi, par di capire, l’aumento IVA di due punti a ottobre sarebbe scongiurato: per questo obiettivo, infatti, bastano risparmi per 4,2 miliardi.
- Il pacchetto più leggero, oltre a far slittare l’aumento IVA del 2% a gennaio 2013 servirebbe anche a far fronte all’emergenza terremoto in Emilia Romagna, a finanziare i nuovi provvedimenti sugli esodati (con l’allargamento della platea dei salvaguardati), e anche quelli che dovranno essere presi per correggere la riforma del lavoro secondo le richieste avanzate in sede di dibattito parlamentare dalle forze di maggioranza (che riguardano in particolare la flessibilità in entrata).
- Il pacchetto più pesante comporterebbe un aumento IVA dell’1 % a gennaio 2013 portando le attuali aliquote al 22% (dal 21%) e all’11% (dal 10%), scongiurando l’attuazione piena della clausola di salvaguardia del Decreto Salva Italia, volta a contribuire gli obiettivi di bilancio.
La posizione delle PMI
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in sede di assemblea annuale ha sottolineato il rischio di indebolimento dei consumi che colpirebbe famiglie e imprese con l’incremento di ben due punti sull’imposta a così stretto giro (il 2012 è ancora a tutti gli effetti un anno di crisi nera). L’attuazione in pieno la clausola della Manovra Finanziaria Monti (incremento IVA 2012-2014), si tradurrebbe in minori consumi reali per circa 38 miliardi di euro.
L’invito a non alzare l’IVA arriva anche da Confesercenti secondo cui sulla spending review il governo «deve alzare il tiro, senza limitarsi a pochi tagli. Quel che serve è una vera e propria rivoluzione della spesa pubblica, finalizzata a ridurre il carico fiscale». Con due obiettivi: «evitare l’aumento già previsto delle aliquote IVA» ma «anche e soprattutto ridurre la pressione fiscale ormai insostenibile che strangola famiglie e imprese e che impedisce al Paese di tornare sul sentiero della crescita».
Il cammino della spending review
Rovente l’agenda di luglio 2012, con vertici interministeriali e incontri con sindacati, enti locali, imprese. Il decreto sulla spending review è atteso entro la metà del mese, anche con l’ipotesi di dividere in due il provvedimento: con un pacchetto di misure subito e un altro rinviato al prossimo autunno.
Il tema più delicato è quello degli esuberi nella PA: si parla di 10mila tagli entro l’anno, a cui potrebbero aggiungersi altri 80-90mila esuberi entro il 2014. La scure dovrebbe abbattersi in particolare sui dirigenti, con una riduzione d’organico del 20%.
Il provvedimento dovrebbe prevedere, per coloro che non sono ricollocabili, un assegno di mobilità per due anni (80% dello stipendio). Chi è vicino alla pensione, potrebbe accedervi con le vecchie regole (precedenti alla riforma delle pensioni Fornero, che ha alzato le soglie di età). Per i dipendenti pubblici non dovrebbero essere toccate le tredicesime (si era parlato di un possibile slittamento a gennaio, ma sembra scongiurato) mentre è atteso un tetto a 7 euro per i buoni pasto.
Fra le altre misure allo studio: razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, tagli alla Sanità (soprattutto sulla spesa farmaceutica), riduzione delle Province, cura dimagrante per i CdA delle società controllate o partecipate da stato ed enti locali (ma non quotate), con un possibile tetto di tre esponenti per ogni board.
In vista, infine, anche il congelamento degli affitti pubblici.