Dall’Euro non si torna indietro: i leader europei di Germania, Francia, Spagna e Italia riuniti a Roma per il vertice UE a 4 hanno concordato sulla necessità del rilancio della crescita in Europa ed hanno anche presentato misure concrete.
La cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy e il premier italiano Mario Monti, hanno infatti raggiunto un accordo per un pacchetto da 130 miliardi mobilitando qualcosa come l’1% del PIL europeo.
Il padrone di casa Monti ha sottolineato «l’obiettivo condiviso del rilancio della crescita, degli investimenti e la creazione di posti di lavoro, da ottenere sia con riforme strutturali nazionali sia attraverso una nuova agenda a livello europeo».
Rajoy ha aggiunto che il cammino dell’Europa va verso la direzione di un’unione fiscale oltre che politica, economica e bancaria. E in arrivo ci sarebbe anche una tassa sulle transazioni finanziarie: lo hanno dichiarato sia il presidente Hollande e Merkel.
Il summit è anche servito, diplomaticamente, a mettere fianco a fianco Merkel ed Hollande, nonchè Rajoy, al governo di un paese le cui banche stanno per ricevere un grosso aiuto finanziario europeo.
L’appuntamento fondamentale per le misure anti-crisi è ora quello di fine giugno con il Consiglio Europeo di Bruxelles, ormai da tutti definito decisivo per il futuro dell’Euro.
In preparazione della nuova agenda europea per la crescita, oltre alle misure presentate al vertice romano, al G20 messicano di Los Cabos Monti ha già avanzato una proposta anti-crisi al centro del dibattito europeo e internazionale: usare il Fondo Salva Stati per acquistare sul mercato secondario titoli di stato di Paesi in difficoltà.
Sullo sfondo, il report del Fondo Monetario Internazionale, che mette in guardia sulla crisi di Eurolandia (ad uno «stadio critico») e indica le priorità da perseguire, sottolineate dalla stessa Christine Lagarde, direttore del FMI:
- unione bancaria,
- unione di bilancio, magari con l’emissione di eurobond,
- riforme strutturali.
Il tutto è condito, difficile non accennarlo, da un appuntamento calcistico emblematico, quello dei quarti di finale degli Europei di calcio fra Germania e Grecia, il Paese della politica economica anti-crisi basata sull’austerity e il Paese al centro della crisi.
Futuro dell’euro e PMI
Nel caso in cui qualche imprenditore, o anche un dipendente di una PMI, si stesse chiedendo per quale motivo dovrebbe preoccuparsi di seguire gli esiti della crisi del debito in Europa, può trovare una risposta nelle dichiarazioni del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: «o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno» ha dichiarato chiaro e tondo intervenendo al convegno “Europa federale, unica via d’uscita?».
Per rafforzare il concetto Squinzi fornisce stime precise, elaborate dal Centro Studi Confindustria: «un ritorno alla Dracma costerebbe ad ogni cittadino greco tra i 9mila500 e gli 11mila500 euro a persona solo nel primo anno, il che equivale al 40-50% del PIL nazionale».
Ma il rischio vero è quello a quel punto sarebbe il fallimento dell’Eurozona, e qui le conseguenze sono ben più gravi: il default dell’Euro provocherebbe, solo nel primo anno, «un crollo del PIL fra il 25 e il 50%». In più questo, «condurrebbe rapidamente al fallimento di decine di migliaia di imprese e di centinaia di banche, alla perdita di milioni di posti di lavoro, all’esplosione di deficit e debiti pubblici nazionali».
Uno scenario non propriamente incoraggiante, con conseguenza a livello globale «molto più gravi di quelle successive al crac di Lehman Brothers».
Il monito di Napolitano
Molto simile la lettura della crisi offerta dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «nessuno Stato può salvarsi da solo: chiusure egoistiche e concezioni anguste degli interessi nazionali sono fuorvianti e destinate a fallire». Bisogna «muovere nella direzione in cui spingono la crisi in atto e la forza delle cose: quella di un’Europa politica secondo l’ispirazione federale dei fondatori del progetto di integrazione».
E ancora, in un passaggio che in qualche modo sottolinea la successione degli eventi: «la crisi finanziaria globale culminata nella crisi dell’Eurozona sta mettendo a dura prova la coesione dell’intera unione e le sue prospettive di sviluppo».
Ora, è «improrogabile un’effettiva mobilitazione di risorse a livello europeo a sostegno della ripresa economica, insieme con un processo convergente di stabilizzazione finanziaria e con la prosecuzione di efficaci riforme strutturali».