In un momento cruciale per l’Europa – alle prese con una fase drammatica della crisi del debito nel post elezioni in Grecia (con l’ipotesi di uscita di Atene dall’euro) – torna a pesare su mercati finanziari e spread l’incubo della della crisi economica: Jp Morgan ha bruciato in poche settimane oltre due miliardi di dollari per operazioni di trading sbagliate e secondo le agenzie di rating l’intero sistema mondiale del credito è in sofferenza.
Standard & Poor’s ha teorizzato una nuova crisi del credito pronta ed esplodere da qui a cinque anni. Siamo di nuovo dinanzi ad un baratro?
In realtà, quando nel 2008 la finanza mondiale ricevette lo scossone del fallimento di Lehman Brothers, non ci furono SOS per operazioni di hedging sbagliate, né moniti sulla portata della crisi in arrivo, per cui è bene essere prudenti ma non allarmisti nonostante la delicatezza e complessità del momento.
Grecia fuori dall’Euro?
La Grecia è quella che più preoccupa i mercati e le istituzioni: l’Europa vuole che Atene resti nella moneta unica nonostante la Germania non dimostri particolare sostegno. «L’Europa non affonda così facilmente» ha dichiarato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, puntualizzando: «vogliamo che la Grecia resti nell’Eurozona, ma deve rispettare i suoi impegni». Diversamente potrebbero saltare gli aiuti internazionali.
Un monito che segue di poche ore quello lanciato in questi giorni dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso: la Grecia rispetti gli impegni, altrimenti è fuori dall’euro. «Gli accordi devono essere rispettati».
Intanto in Grecia la situazione è delicatissima: il risultato delle elezioni del 6 maggio non consente ai due partiti maggiori di avere la maggioranza in Parlamento e sono già falliti due tentativi di formare un Governo. Potrebbe essere decisivo nei prossimi giorni l’esito del terzo tentativo in atto, che mira a un Governo di unità che metta assieme le diverse forze politiche per salvare il Paese dall’ipotesi di nuove elezioni e garantire il proseguimento del piano di aiuti di UE e FMI, nonché la permanenza nell’euro.
Mercati in subbuglio
I mercati soffrono, con un andamento debole pur senza crolli e con il caos greco che ha riacceso tensioni sullo spread (tornato sopra i 400 punti base). E in questo scenario in bilico fra incertezza e rilancio (sulla scia del cambio di marcia dei partner dell’Euro su politiche per la crescita) che si inserisce il buco Jp Morgan da 2,3 mld di dollari bruciati da una delle più grosse banche del pianeta.
L’Istituto può permettersi di gestire la perdita (nel primo trimestre ha generato profitti per 5,4 miliardi) ma il problema è che la debacle era del tutto inattesa. E soprattutto, fa impressione che a provocarla siano state operazioni di trading sbagliate: operazioni finanziarie su derivati fatte da un unico ufficio e attribuite ad un unico trader (Bruno Michel Iksil) che avrebbe fatto operazioni aggressive su credit default swap, perdendo le ingenti somme in sei settimane.
L’impatto sui conti ancora non è chiaro, ma certamente può essere assorbito. È un colpo d’immagine (oltre che di miliardi) per una banca dal prestigio internazionale e tra le più critiche nei confronti della Volcker Rule, della Federal Reserve, che di fatto impedirebbe il trading speculativo alle banche di deposito.
In parole semplici, la regola vuole evitare attività speculative con i mezzi dei depositanti (i correntisti). Doveva essere uno dei punti centrali della riforma finanziaria di Obama per impedire nuovi shock come quello di Lehman, ma è sempre stata osteggiata fra l’altro proprio dalle grandi banche e, al momento, sempre rinviata.
Inutile dire che episodi come quello di JpMorgan fanno riflettere sull’ormai annosa questione della riforma della finanza e in particolare sulle regole sui derivati.
Rischio “tempesta perfetta”
Questi eventi, inoltre, impattano drammaticamente sull’economia reale (risparmi delle famiglie, mercato del lavoro, accesso al credito per le imprese. Un report di Standard & Poor’s, “The Credit Overhang: Is A $46 Trillion Perfect Storm Brewing?” ipotizza appunto come ci sia una questione globale del credito da 46 miliardi di dollari (35mila mld di euro), che nel giro di cinque anni potrebbe portare alla cosiddetta “Tempesta Perfetta“.
L’agenzia di rating stima che le società non finanziarie di Eurolandia, Gran Bretagna, Usa, Cina e Giappone avranno bisogno nei prossimi cinque anni di circa 30 miliardi di dollari di nuovo debito, per finanziarie bond in scadenza e prestiti pre-crisi, e di altre 13-16mila miliardi di nuovi capitali per finanziare la crescita.
Gli analisti di S&P ritengono che banche e mercati abbiano la forza per finanziare queste necessità delle aziende, ma avvertono: l’equilibrio è fragile.