Se un tempo erano solo le grandi imprese a fare affari all’estero, oggi – complice la crisi economica – sono le PMI che si stanno avventurando fuori dai confini nazionali. Anche perché è più facile per le aziende rilevare imprese in cattive acque piuttosto che crearne una da zero.
La crisi punisce purtroppo quelli che non sono riusciti a rinnovarsi e a “fare di necessità virtù”: triturati dall’evoluzione dei mercati e dei consumi, rappresentano oggi una ghiotta occasione di acquisizione a prezzi notevolmente scontati. I punti di forza di questa strategia? Acquisire aziende già presenti sui nuovi mercati da scalare e con un management che già conosceva il territorio, e che aveva tutto l’interesse a far risollevare l’azienda in difficoltà.
Indipendentemente dai settori: dalla chimica alla pelletteria, dal tessile alla meccanica e all’informatica. Nel quadriennio 2008/2011 15 aziende italiane hanno effettuato acquisizioni di aziende estere, rilevando marchi famosi ma in difficoltà, centrando in questo modo l’obiettivo internazionalizzazione.
I numeri confermano l’importanza delle operazioni effettuate in questo senso dalle PMI, che rappresentano il 5% di tutte quelle di tipo Merger & Acquisition (M&A) eseguite da aziende italiane (274 totali, fonte Kpmg).
Delle 15 operazioni 12 si sono svolte in Francia. Tra queste, le acquisizioni più importanti sono state:
- Nylstar da parte dell’italiana Meryl Fiber Srl (320 posti di lavoro salvati);
- Métaltemple da parte di B4Italia Srl (alla cifra simbolica di 1 euro);
- 5tp Rail da parte di Ansaldo Breda (125 posti di lavoro salvati);
- 4 stabilimenti Augment Global Technologies da parte di Agrati grazie al Fondo per il sostegno all’industria dell’Automobile, (800 posti di lavoro salvati);
- Archichimica da parte di Euticals (150 posti di lavoro salvati);
- Medasys da parte di NoemaLife, che ne ha acquisito la maggioranza relativa con il 45% del capitale, arrivando a costruire un gruppo che impegna 700 dipendenti e dispone di filiali in Gran Bretagna, Belgio, Germania, Argentina, Cile, Giappone e Dubai per un fatturato complessivo nel 2010 di 65 milioni di euro.
Due aziende italiane si sono spinte in Germania: la Sambonet ha acquisito il celebre produttore di porcellane Rosenthal (che nel 2009 era vicino al fallimento), mentre l’italiana Sinterama ha acquisito Trevira GmbH (in amministrazione controllata), leader nella produzione di fibre e filati in poliestere, presente in Asia, America ed Europa con 3.500 dipendenti e un fatturato di 5,5 miliardi di dollari e tutto grazie alla collaborazione con la thailandese Indorama.
Si tratta di una media impresa che acquisisce un colosso in grado di vantare un fatturato doppio rispetto al proprio.
Il discorso cambia per le acquisizioni che si consumano fuori dal Vecchio Continente. Se appare complicato portare a termine operazioni in Cina, poiché è difficile conoscerne i mercati e approcciarsi alle autorità amministrative (ciò però non impedisce ad alcuni, ingolositi dalla possibilità di accedere a un mercato in forte crescita, di investirvi puntando su singoli rami), è diverso il discorso per mercati lontani ma comunque conosciuti: indicativo è l’esempio della Pramac, entrata nel mercato nordamericano.
L’azienda senese infatti nel 2008 ha acquisito Powermate, realtà che produceva generatori elettrici, rilevando uno stabilimento di gruppi elettrogeni, i marchi Powermate e Powerstation e alcuni brevetti per la somma di 6,5 milioni di dollari, e nel 2011 ha dichiarato un fatturato di 167,6 milioni di euro potendo contare su 37 società in 21 Paesi, 800 dipendenti e una rete di distribuzione costituita da 22 filiali.