L’Italia ha evitato uno shock distruttivo ma ora l’imperativo è la crescita: così il premier Mario Monti nella relazione introduttiva alla bozza del DEF 2012, il Documento di Economia e Finanza, presentato all’attenzione del Consiglio dei Ministri e ivi approvato.
Come anticipato, il DEF rivede al ribasso il PIL 2012, prevedendo una flessione pari all’1,2%, una stima ben peggiore del -0,4% precedentemente previsto ma anche molto migliore di quel -1,9% appena annunciato dal Fondo Monetario Internazionale per l’economia italiana 2012.
Ma per il 2013 il Governo prevede il ritorno alla crescita, con una stima dello 0,5% e, come preannunciato, su questo 2012 è anche leggermente più ottimista dell’UE, che vede la recessione italiana all’1,3%.
Crescita e riforme
Fra gli effetti più drammatici della crisi, c’è senz’altro un disagio occupazionale che «tocca direttamente o indirettamente quasi la metà delle famiglie italiane», e colpisce con particolare durezza «i lavoratori meno istruiti, i più giovani, quelli con contratti a termine, le donne».
In questo momento, «il cuore del problema è tornare a crescere», senza aspettare che «la tempesta passi e la parentesi si chiuda» e senza accettare che l’Italia sia «condannata ad avere una crescita sotto la media dell’Eurozona da oltre dieci anni». Il fatto è che in questo momento la soluzione «non può venire da stimoli espansivi della spesa pubblica». Bisogna puntare su produttività e competitività, «provando a inserire in un sistema ingessato più efficienza».
Dunque, l’Italia deve recuperare terreno, e lo sta facendo con gli ampi piani di riforme strutturali in atto da mesi (consolidamento delle finanze pubbliche, riforma del lavoro, liberalizzazioni, semplificazioni).
Sono stati messi in sicurezza i conti pubblici, e si prevede un avanzo primario del 3,9% nel 2013 (quest’anno sarà al 3,6%, nel 2015 arriverà al 5,7%). Uno «sprint realizzato con lo sforzo collettivo di Parlamento, parti sociali, parte produttiva del Paese oltreché dal Governo» sottolinea Monti, aggiungendo subito che però «molto resta da fare». Comunque, le stime del Governo vedono un impatto positivo delle riforme sulla crescita pari a 2,4 punti percentuali tra il 2012 e il 2020.
Piano Nazionale delle Riforme
L’agenda del Governo in questo senso è sintetizzata in una delle parti di cui si compone il DEF, quella dedicata appunto al Piano Nazionale delle Riforme, che al termine del vertice di maggioranza un comunicato di Palazzo Chigi ha definito «strumento centrale nel quadro della governance europea, che riveste un’importanza particolare nel perseguire gli obiettivi di crescita sostenibile».
Il CdM di oggi sottolinea che nel PNR 2012 «resta essenziale la prosecuzione del risanamento dei conti pubblici, in particolare attraverso la spending review e il rafforzamento della lotta all’evasione fiscale» ma una «particolare importanza è attribuita alla promozione della crescita, senza la quale ogni strategia di consolidamento finirebbe per annullare i suoi stessi effetti».
In questo senso le misure sono quelle di cui si è parato anche nel vertice di maggioranza: miglioramento delle condizioni di accesso al credito, riduzione dei tempi di pagamento della PA alle imprese, incentivi alle start-up innovative (che il governo definisce un’azione particolarmente importante per i più giovani), tempi più rapidi per la giustizia civile (in particolare per le imprese), completamento dell’Agenda Digitale.
Detto questo, che i tempi siano duri non se lo nasconde nessuno, anzi. La crisi che viviamo dal 2008, spiega Monti, «può avere un impatto duraturo». E se è vero che si tratta di una crisi «nata fuori dall’Italia» bisogna anche ammettere che il Paese ci ha messo del suo, perché «non ha affrontato le sue debolezze strutturali». Risultato: ora fa fatica.
Pressione fiscale
Se la delega fiscale approvata dal CdM non contiene il Fondo destinato a finanziare gli sgravi fiscali, «in futuro i proventi della lotta all’evasione fiscale dovranno essere utilizzati anche per ridurre le aliquote fiscali», ha dichiarato Monti. Nell’attesa (” futuro” vuol dire nel lungo periodo), il peso delle tasse si fa sentire con durezza.
Nei prossimi tre anni la pressione fiscale supererà il 45%, nuovo record assoluto che batte anche il 43,5% del 1997, l’anno dell’Eurotassa. Il peso delle tasse nel 2012 sarà del 45,1%, nel 2013 salirà ancora al 45,4% per poi invertire la tendenza nel 2014, quando scenderà al 45,3% per portarsi al 44,9% del 2015.
Colpa anche dell’evasione fiscale, che il premier definisce «una forma di concorrenza sleale tra imprese, e un modo in cui alcuni cittadini disonesti provocano un danno ad altri cittadini».
Conti pubblici
E veniamo ai numeri. Come detto, PIL in flessione dell’1,2% quest’anno e ritorno alla crescita, +0,5%, nel 2013, con un PIL nuovamente sopra l’1% nei due anni successivi. In vista non ci sono manovre aggiuntive di correzione dei conti. Ma la crisi c’è, e si fa sentire. Risultato: niente pareggio di bilancio nel 2013, il deficit si fermerà a -0,5%. Nessun allarme però, si tratta di una cifra che è comunque in linea con i paletti europei, venendo considerata un “close to balance”, un quasi pareggio. In termini reali, per arrivare al pareggio vero e proprio bisognerà attendere il 2015. Per questo 2012, il deficit sarà all’1,7%.
Anche qui, le stime sono molti migliori rispetto a quelle del FMI, secondo cui il deficit PIL quest’anno è a -2,2%, a fine 2013 sarà a -1,5%, e il pareggio arriverebbe solo nel 2017.
Quanto al debito, punto debole dell’Italia, dopo il 120,1% raggiunto nel 2011, quest’anno vola al 123,4%, per poi iniziare una lenta flessione: 121,6% nel 2013, 118,3% nel 2014.
Una nota positiva è rappresentata dal fatto che, già da questo 2012, togliendo l’effetto degli aiuti alla Grecia, il debito sarebbe al 120,3%. Sempre al netto di aiuti alla Grecia e quote per EFSF ed ESM (il Fondo salva stati e la sua evoluzione, fra i principali strumenti della politica europea contro la crisi del debito) il debito è visto al 110,8% nel 2015.