Una Borsa «con un numero elevato di società quotate» e magari con le Pmi «più rappresentate», può dare «un contributo fondamentale per la crescita economica del Paese»: parola di Mario Monti, presidente del Consiglio, in una sede particolarmente appropriata per parlare di aziende e capitali, Piazza Affari.
Davanti alla comunità finanziaria milanese il premier ha parlato di Italia e di Europa, indissolubilmente legate, ha messo a più riprese l’accento sulla crescita, che è la nuova parola d’ordine per l’Italia ma anche per l’Europa che deve lasciarsi definitivamente alle spalle la crisi del debito, ha affrontata in quest’ottica i punti più caldi dell’attuale dibattito politico e sociale, a partire dalla riforma del lavoro. E non ha dimenticato le Pmi e la necessità di promuovere gli afflussi di capitale, italiani e stranieri, verso le aziende di piccole e medie dimensioni che rappresentano la spina dorsale del panorama produttivo italiano.
Mario Monti si è concesso anche qualche battuta: all’appuntamento in Piazza Affari, dice, «ci siamo preparati» con le visite di «allenamento» a Wall Street, ovvero alla borsa di New York, e nella City di Londra.
Una battuta che forse, paragonando la “piccola” Piazza Affari al mercato finanziario più grosso del pianeta, il Nyse, e alla piazza più importante d’Europa, la Borsa di Londra (di cui Milano è partner), può rappresentare una sfida per la comunità finanziaria italiana verso quel rilancio dell’economia che vede impegnati il Governo, la classe politica, e che, par di capire, deve diventare anche una priorità per l’intera Europa.
Pmi quotate
Ma partiamo dalle Pmi, a cui lo stesso premier ha dedicato un richiamo esplicito nelle prime battute della sua conferenza in Piazza Affari, parlando della necessità di un maggior numero di quotazioni. Perché, ha spiegato il premier, «le imprese quotate sono spesso quelle che crescono di più e meglio, che investono di più in ricerca e sviluppo e che sono più portate a realizzare fusioni e acquisizioni». Dunque, uno stimolo alla quotazione, anche in considerazione del fatto che in Italia i numero di società quotate in Borsa è inferiore alla media UE. Uno stimolo che, come si vede, si riferisce anche in particolare alle Pmi, segmento verso il quale Borsa Italiana anche negli ultimi tempi continua a dimostrare particolare attenzione (vedi anche accordo con Abi e Cofindustria sul progetto Elite).
Accesso al credito
Sul tema della necessità di favorire l’afflusso di capitale nelle Pmi è intervenuto anche il viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, che rispondendo a una specifica domanda ha sottolineato come questo sia senz’altro «un obiettivo strategico» che il Governo ha «bene in mente», ha fatto riferimento a provvedimenti già adottati, come l’Ace (aiuto alla crescita economica), in pratica una defiscalizzazione degli utili reinvestiti prevista dalla manovra finanziaria di fine anno e già applicabile nel modello Unico 2012, o l’incremento della dotazione del Fondo di garanzia a favore delle Pmi. E ha insistito sulla necessità di una maggior collaborazione fra il Fondo di garanzia per le Pmi e il private equity: «dobbiamo lavorare meglio insieme».
Il tema del credito alle imprese, e in particolare alle Pmi, è stato toccato nei giorni scorsi anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento del 18 febbraio al Congresso di Assiom Forex: le banche devono concedere Più prestiti alle imprese.
Crescita economica
È interessante notare come sia Monti sia Visco spingono sugli stessi concetti: dopo il rigore, deve decollare la fase della crescita, con politiche economiche che, anche attraverso le riforme, rappresentino uno stimolo in questo senso e sforzi, da parte di tutti i segmenti di mercato, per favorire la competitività delle imprese. E questa fase di crescita non deve riguardare solo l’Italia, ma l’intera Europa.
E qui c’è stato da parte del premier anche un annuncio: l’Italia si presenterà al summit UE del primo marzo con una lettera con una serie di indicazioni concrete finalizzate alla crescita europea. Lettera indirizzata ai presidenti della Commissione di Bruxelles, Jose Manuel Barroso, e del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e firmata da una gruppetto di paesi, non solo di Eurolandia (fra l’altro, Monti ha specificato che l’Italia identifica «in alcuni Paesi, anche fuori dall’Europa, partner con propensione alla crescita dei mercati che in parte la nostra Italia ha e che dovrebbe avere sempre di più»). Monti non ha fornito particolari sui paesi firmatari, limitandosi a dire che non dovrebbero esserci Francia e Germania.
Secondo indiscrezioni di stampa, la lettera sarebbe firmata da Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Irlanda.
Monti ha anche spiegato a chiare lettere che le manovre del 2011 restano sufficienti a garantire l’impegno italiano sul fronte dei conti pubblici, pur in questa fase di recessione (niente manovre aggiuntive in vista).
E non si è sottratto nemmeno ai temi più caldi del momento, quelli relativi al dibattito sulla riforma del lavoro. Sulla linea di quanto già dichiarato in passato dal ministro Elsa Fornero, il premier ha auspicato un accordo con le parti sociali, e anzi si è dichiarato fiducioso su questo, ma ha anche insistito sull’intenzione dell’esecutivo di arrivare a presentare la riforma nei tempi previsti, ovvero entro la fine di marzo, eventualmente anche senza l’accordo delle parti sociali.