Aumentano il fatturato più delle altre imprese, innovano, valorizzano l’internazionalizzazione: sono le Pmi dei distretti italiani, che secondo il tradizionale rapporto annuale di IntesaSanpaolo su “Economia e Finanza dei distretti” si confermano come una vera e propria ricchezza del panorama produttivo nazionale.
Fra i segnali di trasformazione in corso che il rapporto sottolinea, ci sono la maggior propensione a investire all’estero e a innovare, il consolidamento delle reti d’impresa, il ruolo dei Confidi, fondamentale soprattutto in un momento di crisi economica che comporta, soprattutto per i piccoli, una maggior difficoltà finanziaria e nodi irrisolti in materia di accesso al credito.
Il report, presentato dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Enrico Cucchiani e dal chief economist Gregorio De Felice, riguarda i bilanci aziendali per il triennio 2008-10, comprende quasi 13mila imprese appartenenti a 139 distretti industriali e circa 36mila imprese non distrettuali specializzate nei settori produttivi rilevanti per gli stessi distretti, e riporta le stime sui risultati di bilancio 2011 e le previsioni per il biennio 2012-13.
I bilanci
Partiamo dall’analisi dei bilanci. Nel 2010 il fatturato delle imprese distrettuali è cresciuto dell’8,3%, contro il +6,6% delle imprese non distrettuali. Per il 2011 il dato stimato è pari a una crescita del fatturato dell’8,5%, superiore di circa mezzo punto rispetto a quello delle altre imprese. Le proiezioni per il 2012-2013 registrano invece un deciso rallentamento della crescita: meno di un punto nel 2012, al 3% nel 2013.
Quest’ultimo dato rappresenta un punto critico, su cui gli esperti sottolineano la necessità di attivarsi per migliorare.
L’elemento che rappresenta la maggior preoccupazione è la crisi del debito europea, mentre uno sforzo positivo potrebbe essere quello di utilizzare il recupero dell’evasione fiscale per ridurre il tax rate sulle imprese e in genere per alleggerire la pressione sulle fasce più deboli.
Il motivo di positività è invece rappresentato dal fatto che sul miglior andamento del fatturato delle Pmi nei distretti ha inciso soprattutto la più pronunciata propensione a esportare, premiante in un anno di ripresa della domanda mondiale, a fronte di un mercato interno rimasto debole. Anche qui c’è una criticità: il fatturato 2010 è ancora del 10,6% inferiore rispetto ai livelli registrati nel 2008 (quelli precedenti alla crisi). Ma anche questo dato resta migliore rispetto a quello delle aree non distrettuali, dove il divario è dell’11,5%.
Sul fronte dei margini, si evidenzia una situazione molto simile, con un recupero che però è ancora parziale rispetto al periodo pre-crisi: le Pmi dei distretti in termini di margini operativi netti hanno recuperato nel 2010 lo 0,6%% sul fatturato, circa la metà di quanto perso dal 2008. Per le altre imprese, il livello del 2008 è distante di un punto. Nel 2011 si prevede che le aziende distrettuali recuperino altri tre decimi di punto.
Per quanto riguarda le tendenze in atto, innovazione e internazionalizzazione sono le due parole chiave per spiegare il piccolo miracolo rappresentato dai miglioramenti 2010 e 2011 (che sono stati pur sempre anni di crisi).
L’internazionalizzazione
Innanzitutto, le Pmi distrettuali hanno parecchie partecipate estere: ogni 100 imprese, ci sono 25 partecipate estere (la quota si ferma a 16 nelle imprese non distrettuali). Il fenomeno non è legato alle operazioni di pochi grandi investitori, ma è diffuso. È avvenuto negli ultimi dieci anni.
E, almeno per il momento, contrariamente a quanto fanno le grandi imprese le Pmi non usano la delocalizzazione per abbattere i costi del lavoro, ma mantengono anzi un saldo rapporto con il territorio. Si tratta, in sostanza, di investimenti aggiuntivi e non sostitutivi. Quindi, dal distretto di appartenenza continuano a trarre un vantaggio di competitività e usano gli investimenti esteri per seguire i mercati locali.
In tema di internazionalizzazione, spiccano in particolare il distretto bolognese delle macchine di imballaggio (primo sbocco commerciale: la Cina) e alcune realtà del distretto per le macchine tessili e per materie plastiche di Brescia.
Resta invece un punto critico relativo al fatto che è ancora bassa la presenza di investitori esteri nei distretti (meno di cinque ogni cento aziende).
L’innovazione e le reti d’impresa
E veniamo all’innovazione. I distretti evidenziano una maggior propensione ad innovare: depositano 16 brevetti ogni 100 imprese, contro i 12 delle altre aziende. Però poi sono meno propense ad utilizzare i risultati della ricerca scientifica, e questo è un punto su cui lavorare.
Altro trend positivo individuato dalla ricerca, il potenziamento delle reti d’impresa. L’indagine evidenzia il superamento di una vecchia convinzione per cui distretti e reti sono in alternativa gli uni alle altre (con le seconde che rappresenterebbero il superamento dei primi).
In realtà, c’è una complementarietà fra le due forme di aggregazione: le imprese dei distretti tendono a coinvolgere soggetti esterni, anche utilizzando i contratti di rete, per ampliarsi e creare sinergie che ne rafforzano il posizionamento competitivo soprattutto sul fronte dell’innovazione, della promozione e della distribuzione. Qui si evidenzia un rapporto particolarmente stretto fra contratti di rete e innovazione: in un caso su due, i 179 contratti di rete analizzati dall’indagine hanno come obiettivo principale l’innovazione.
Accesso al credito e ruolo dei Confidi
Sono tre le principali criticità rilevate dal rapporto:
- Le dimensioni: le imprese minori hanno avuto più difficoltà negli ultimi anni e sembrano meno attrezzate a gestire la congiuntura negativa che si prospetta per il 2012.
- Il credito e i tempi di pagamento: soprattutto nei confronti delle imprese minori, il credito commerciale è cresciuto in modo preoccupante a causa delle significative dilazioni di pagamento che devono rilasciare alla loro clientela. In prospettiva, queste tensioni potrebbero risultare difficilmente gestibili.
- L’impatto della crisi sulla sostenibilità economico-finanziaria: le imprese più deboli (siano o meno di piccole dimensioni) hanno maggiori difficoltà rispetto al passato a trovare soluzioni che le riportino su un sentiero di sostenibilità economico-finanziaria.
Uno strumento molto utile per fronteggiare queste criticità è rappresentato dai Confidi, il cui intervento secondo l’indagine ha effetti positivi in termini di crescita: le imprese che hanno ottenuto la garanzia hanno complessivamente avuto migliori performance sia come attivo che come fatturato, pur presentando una maggior fragilità finanziaria.
Le eccellenze
Infine, i casi di eccellenza. Secondo il report, due comparti che potrebbero dare un contributo molto importante alla crescita del paese sono i distretti dell’agroalimentare e i poli tecnologici.
I distretti dell’agro-alimentare presentano ottime potenzialità di crescita sui mercati esteri, grazie al contenuto innovativo e di qualità di molti prodotti, che formano barriere per i competitor.
I poli dei settori ICT, biomedicale, aeronautico e farmaceutico mostrano tassi di espansione strutturalmente migliori rispetto ai distretti “tradizionali”. Il rapporto sottolinea come difficilmente l’Italia potrà riacquistare a breve una posizione di punta sul piano dell’alta tecnologia, ma questi settori e poli possono comunque offrire molte opportunità di crescita e garantire effetti di spillover importanti sull’intera industria.