Titoli di Stato, quando conviene investire

di Barbara Weisz

30 Gennaio 2012 17:10

logo PMI+ logo PMI+
Dopo Bot e Ctz, scendono anche i rendimenti dei Btp, che però restano sopra il 6%. Capire in base ai tassi quando l'investimento in titoli di stato conviene e quando rischia di essere più speculativo.

Andamento positivo le aste dei titoli di Stato: la nuova emissione di Btp a cinque e dieci anni del Tesoro ha fatto registrare una buona domanda e un calo dei rendimenti. Una buona notizia per lo Stato – al quale costa meno il finanziamento del debito – e non per l’investitore che riceve così un interesse minore.
Ma questo vale, eventualmente, solo per l’investitore che i titoli può tenerseli fino alla scadenza.

E comunque il rendimento dei titoli di Stato fotografa il rischio Paese e quando scende significa che anche il mercato ritiene che stia aumentando la sicurezza di questo tipo di investimento.

Del resto, anche nei mesi scorsi, quando i rendimenti alle stelle e il costante incrementarsi della forbice fra i titoli italiani e il bund tedesco, il famoso spread, hanno rappresentato l’aumentare del rischio Italia vissuto dai mercati, in realtà sono stati in molti a continuare ad avere fiducia nei Bot e nei Btp.

Ma vediamo innanzitutto come sono andate le ultime aste, sul fronte domanda e rendimenti dopo che il Tesoro ha collocato Btp a dieci anni (scadenza 2022) per due miliardi di euro – a fronte di una domanda pari a 2,85 miliardi, al 6,08%, in calo dal 7% dell’ultima asta di dicembre – e Btp a cinque anni (scadenza 2017) per 3,57 a miliardi – contro una richiesta di 4,63 miliardi di euro, al 5,39% dal 6,6% precedente.

In sintesi, sono stati collocati 7,56 miliardi di euro, all’interno di un range di offerta fra 5,5 e 8 miliardi di euro. Dunque, risultato nella parte alta della forchetta ma non al massimo.

Rendimento dei titoli

E rendimenti che, pur in calo, per il titolo a dieci anni restano sopra il 6%. Comunque, i rendimenti sono i più bassi dall’ottobre del 2011 e in un panorama caratterizzato da una forte volatilità il risultato può essere considerato positivo.

Certo, la scorsa settimana i collocamenti erano andati molto meglio con i Bot a sei mesi che sono stati collocati all’1,969%, scendendo sotto il 2% per la prima volta dal maggio 2011. Giovedì 26 gennaio il CTZ biennale è stato venduto al 3,763%, in calo dal 4,853% di dicembre.

Ma in primo luogo c’è da considerare che in questo caso si trattava di titoli a “breve termine“, mentre l’altra asta era particolarmente attesa proprio perchè riguardava il medio e anche il lungo termine, con i Btp a dieci anni. Quindi, pur non essendo stato collocato il quantitativo massimo, considerando anche che nel fine settimana è arrivato anche il downgrade di Fitch, che ha portato il debito italiano ad A- (meno due gradini dal precedente A+), si può dire che il risultato dell’asta quantomeno non sia negativo.

Certo un risparmiatore potrebbe obiettare che se allo Stato conviene finanziarsi a un tasso inferiore, per gli investitori invece poter acquistare titoli di Stato italiani al 7% rappresenta un’ottima opportunità.

Come, ad esempio, ha dichiarato uno dei finanzieri più famosi del mondo, l’americano George Soros, nel corso del World Economic Forum di Davos che si è appena concluso. Soros ha definito “fantastico” l’investimento in titoli di stato italiani, spiegando chiaramente perché conviene comprarli, però a tassi più bassi: a tassi troppo alti, si tratta di un investimento speculativo.

E i titoli di Stato, invece, dovrebbero e devono essere un investimento sicuro. Intendiamoci, per chi può sempre permettersi di tenerli fino alla scadenza, l’unico rischio è sempre e solo quello che il Paese diventi insolvente. In caso contrario, il risparmiatore può contare sul fatto che guadagnerà esattamente quanto previsto dal tasso di acquisto del titolo (ma si tratta di un titolo a lungo termine, quindi a quel punto bisognerà calcolare bene ad esempio come è andato l’investimento rispetto all‘inflazione).

Il problema interviene quando invece l’investitore si trova ad aver bisogno di liquidità e quindi vende il titolo prima della scadenza. In questo caso, se il rendimento nel frattempo è sceso ha semplicemente perso la differenza di rendimento. Se questa differenza è inferiore all’inflazione, l’investimento non è stato in grado di proteggere il capitale dall’inflazione stessa. Se invece il rendimento è addirittura salito, rischio che si corre nel caso in cui ci siano forti tensioni sul mercato dei titoli governativi, di fatto si vende a un prezzo più basso di quello d’acquisto, quindi si perde parte del capitale.

Dunque, poter contare su un rendimento stabile dei titoli di stato è importante per un risparmiatore che vuole fare investimenti sicuri da tutti i punti di vista.

E la stabilità del mercato dei titoli di Stato, così come quella dei mercati finanziari in generale, dipende anche in buona parte dall’evolversi della crisi del debito europea. Sempre Soros al vertice svizzero ha rilanciato una proposta ispirata a un’idea di un grande economista italiano scomparso nel 2011, Tommaso Padoa Schioppa: l’Italia e la Spagna potrebbero finanziarsi all’1% se i meccanismi di stabilità europea, ovvero il Fondo Salva Stati e lo European Stability Mechanism (Esm), assicurassero la Bce dal rischio insolvenza di questi titoli.

In realtà il meccanismo è complicato, e di fatto rappresenta un aggiramento dell’impossibilità della Banca Centrale Europea di prestare soldi agli Stati (cosa che invece possono fare le altre banche centrali, a partire dalla Fed americana).