L’Italia ce la farà, nonostante la crisi economica e il rischio recessione: ne è convinta fermamente la stampa internazionale. Il Financial Times, dopo aver studiato le ultime manovre del governo Monti, ha annunciato: «l’Italia è tornata» a contare in Europa («Italy is back»).
Ma c’è di più: il risanamento dei conti pubblici e l’andamento dell’economia in Italia farebbero così tanto ben sperare da portare l’editorialista Philip Stephens ad affermare «sulle spalle di Monti siede l’Europa». Quindi, dal presidente del Consiglio italiano potrebbe dipendere il destino del Vecchio Continente. E apprezzamenti al premier, che erano giunti già da UE e FMI, sono arrivati anche dall’Economist.
A sostenere Mario Monti c’è anche il Presidente americano Barack Obama, che lo incontrerà presso la Casa Bianca il prossimo 9 febbraio.
Per riportare l’Italia in auge facendola uscire dalla crisi economica e insieme a lei l’intera Europa, Monti dovrà non solo risanare i conti pubblici italiani ma anche lavorare a livello europeo per la sopravvivenza dell’euro, anche tenendo testa alla tedesca Angela Merkel.
La situazione in Europa
Ma per Mario Draghi la situazione europea non è così disastrosa, il Presidente della Banca centrale europea (Bce) si dimostra, in occasione del World economic forum, compiaciuto in merito ai progressi fatti nell’Eurozona ed è convinto che questo anno si chiuderà con un bilancio meno negativo di quanto preventivato da molti.
Un messaggio di ottimismo: il 2012 sarà «molto migliore per l’Europa. Di certo sappiamo di avere evitato un grande, grandissimo credit crunch e una più grave crisi dei finanziamenti. Ci sono parti dell’Europa in cui il credito è più o meno normale. Ma in altre il credito si contrae seriamente».
E il merito di questo clima di positività è spread: il «più potente dei motori» per le riforme dei Governi europei. «L’insieme dei progressi è notevole. Se pensiamo a cinque mesi fa, l’Eurozona sembra un altro mondo», ha dichiarato Draghi, ma un «consolidamento fiscale è necessario.
Per capire se la situazione sta migliorando, avvisa Draghi, bisogna osservare la «riattivazione del mercato interbancario: dobbiamo vedere le banche avere fiducia le une delle altre, al punto in cui torneranno a prestarsi denaro». Ora c’è da capire come le banche europee stanno utilizzando i 489 miliardi di euro di finanziamenti agevolati concessi dalla Bce, o meglio se li stanno effettivamente destinando al rifinanziamento dell’economica reale. Per ora «non abbiamo prove di questa natura. C’è un ritardo, dobbiamo capire», ha dichiarato il numero uno della Bce.
Taglio al rating
E queste erano le buone notizie. A rovinare la festa ci sono le contestate misure messe in campo dal Governo Monti in fatto di liberalizzazioni ma anche la decisione dell’agenzia Fitch di tagliare il rating italiano di due gradini portandolo da «A+» ad «A-». Una abbassamento del merito di credito del debito a lungo termine dell’Italia che era stato ampiamente annunciato in occasione dei declassamenti del nostro Paese già operati dale agenzie di rating Standard&Poor (Bbb+) e Moodys (A2).
In realtà però Fitch ha operato downgrade a quasi tutti i Paesi analizzati (Spagna, Belgio, Sloenia e Cipro scendono di un gradino) e in più ha dichiarato che il declassamento dell’Italia sarebbe potuto essere ancora più significativo, se non fosse stato per «il forte impegno del governo italiano nella riduzione del deficit di bilancio e nell’adozione di riforme strutturali, così come la significativa riduzione dei rischi di finanziamento a breve termine dovuti agli effetti dell’asta di rifinanziamento a 3 anni della Bce».
In più a pesare sul declassamento italiano c’è, ancora una volta, l’Europa. Una «debolezza sistemica che soltanto una fondamentale riforma dell’Unione monetaria europea può risolvere», si legge nel comunicato Fitch che lancia un monito verso possibili «shock finanziari e monetari che i membri dell’Eurozona potrebbero trovarsi ad affrontare alla luce delle crescenti divergenze che si sono create all’interno dell’area a livello di condizioni economiche, monetarie, del credito e nelle prospettive.
Ma il declassamento di Fitch, bisogna sottolinearlo, non è tutta colpa dell’Europa. Prima di tutto c’è lo spettro della recessione, che diventa un rischio sempre più concreto con le previsioni della stessa Fitch di una contrazione del Pil del -1,7% nel 2012 e del -0,2% nel 2013. La diretta conseguenza è che crescerà il gap tra i tassi di interesse da pagare sul debito e la crescita, che salirà al 2-3%, contro l’1% del periodo fra il 1999 e il 2007, allontanando l’Italia dagli obiettivi ambiziosi di riduzione del deficit pubblico.
Per Fitch è necessario che Monti lavori non solo sul lato delle entrate, andando a rendere ancora più pesante la pressione fiscale sugli italiani (tra le più alte al Mondo), quanto piuttosto mettendo a punto riforme fiscali che vadano a «rafforzare la fiducia sul fatto che un elevato avanzo primario possa essere sostenibile per diversi anni, oltre che aumentare il potenziale di crescita e produttività dell’economia».