Secondo i dati forniti dall’Istat e rielaborati da Sistema Moda Italia i mercati più importanti per le esportazioni di abbigliamento maschile per le imprese italiane (adulti e bambini) sono la Francia (con il 13,5% del totale delle esportazioni), la Germania (9,2%), la Svizzera (9,2%), la Spagna (7,9%), gli Stati Uniti (7,5%) e il Regno Unito (7,1%). Il primo paese Bric presente nella lista è la Russia, settima, con una quota pari al 4,5% del totale delle esportazioni delle aziende italiane, solo decima Hong Kong con il 3,5%.
Proprio il paese asiatico rappresenta una delle attrattive principali per le aziende di moda, anche perché è un mercato caratterizzato dalla forte liquidità e in grado di attirare capitali da paesi diversi, tanto da aver raggiunto nel 2010 ben 51 miliardi di dollari di nuovi capitali stabilendo il record delle borse internazionali per il secondo anno consecutivo.
Altro freno all’accesso ai nuovi mercati per le nostre aziende è la scarsa dimestichezza che questi hanno con i nostri prodotti: secondo una ricerca condotta dal Politecnico di Milano i paesi Bric, pur riconoscendo l’eccellenza del made in Italy, non conoscono i prodotti italiani, e quindi non possono alimentare il mercato attraverso la domanda. Una soluzione al problema potrebbe essere introdurre delle forme di tracciabilità del made in Italy, investendo nella difesa del valore aggiunto e nella valorizzazione del know how, per i quali il ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato circa cinque milioni di euro, dedicati alle aziende che autonomamente decidono di aderire al sistema della tracciabilità (si tratta orientativamente di 2.500 euro ad azienda) attraverso l’etichettatura dei prodotti che consenta al tempo stesso di porre freno al mercato dei falsi.