Siamo un Paese con meno di 6 milioni di occupati, un crollo degli investimenti nell’Industria del 53% ed un divario tra Sud e Nord divenuto una voragine, ma il 2014 segna una lieve inversione di tendenza rispetto alla crisi, con previsioni PIL in crescita dello 0,6%, (+1,1% Centro-Nord ma al Sud -0,8%). Sono le prime anticipazioni del Rapporto Svimez 2014 sull’economia del Mezzogiorno. Il direttore Riccardo Padovani propone la sua ricetta per il ritorno alla crescita.
«Non c’è crescita senza sviluppo». Forse «la più grande carenza della discussione attuale è proprio questo silenzio sul tema dello sviluppo, mentre grande è l’attenzione ai pallidi segnali di una ripresa congiunturale». Invece, «per uscire dalla recessione e tornare a crescere, oltre alle politiche di Welfare, che pure hanno effetti non solo sociali ma anche di sostegno anti-ciclico dell’economia» va attivato un «piano di primo intervento che, pur in un’ottica di emergenza, sia coerente con una complessiva strategia di rilancio dello sviluppo». In quest’ottica, proprio il Mezzogiorno può rappresentare «la grande opportunità per avviare un percorso durevole di ripresa e di trasformazione dell’economia italiana».
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La crisi nera del Sud
Certo, a giudicare dai dati la strada si preannuncia parecchio in salita. Nel 2013 il prodotto interno lordo del Sud è crollato del 3,5%, con un calo di oltre due punti percentuali superiore a quello del Nord (-1,4%). Nei sei anni di crisi, dal 2008 al 2013, il Sud ha perso il 13,3% contro il 7% del Centro-Nord. Nel 2013, il divario di PIL pro capite tra le due aree del paese nel 2013 è sceso al 56,6%, tornando ai livelli di dieci anni fa, con la regione più ricca Val d’Aosta (34.442 euro) e fanalino di coda la Calabria (15.989 euro).
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Sul fronte dei consumi il 2013 si è chiuso con un calo del 2,4% nel Sud e del 2% nel Nord. Gli investimenti fissi lordi sono scesi, rispettivamente, del 5,2% e del 4,6%. Uno dei dati peggiori riguarda gli investimenti nell’Industria in senso stretto, che dal 2008 al 2013 sono crollati nel Sud del 53,4%, contro il comunque pesante -24,6% del Centro Nord. La flessione è a due cifre sia nel Nord che nel Sud, anche negli altri macro-settori: Costruzioni, Agricoltura, Servizi. La crisi del Manifatturiero riflette un Paese, ma soprattutto un Meridione, a forte rischio desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire al Mezzogiorno di agganciare la ripresa, trasformando la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente.
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Lavoro
Numeri drammatici sul fronte dell’occupazione: nel 2013 l’Italia ha perso 478mila posti di lavoro, di cui 282mila al Sud (i più colpiti sono i giovani sotto i 34 anni). Il numero degli occupati, per la prima volta dal 1977 (primo anno in cui sono disponibili i dati) è sceso sotto i 6 milioni. Questo testimonia uno smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della sua geografia. Il 2014 non è iniziato sotto i migliori auspici: nel primo trimestre sono stati persi oltre 200mila posti rispetto all’analogo periodo del 2013, dei quali 170mila al Sud e 41mila al Centro Nord. In pratica, nel Sud si concentra circa l’80% dei posti di lavoro persi nel paese. Bassissima, nel Meridione, la percentuale delle donne al mercato del lavoro (agli ultimissini posti in Europa), così come resta l’emergenza legata al lavoro giovanile. Questo ha un effetto negativo anche sui livello di istruzione: il tasso di iscrizioni all’università è tornato indietro di oltre dieci anni. E si assiste a una nuova migrazione, con oltre 1 milione e mezzo di persone che si sono trasferite dal Sud alle regioni del Centro Nord nei sei anni della crisi.
Stime
Le previsioni per i prossimi anni vedono l’inversione di tendenza dell’economia, ovvero il ritorno alla crescita, toccare esclusivamente le regioni del Centro e del Nord (peraltro con numeri ancora relativamente bassi). Nel 2014 il pil è visto in crescita dell’1,4% nel Nord Est, dell’1,5% nel Nord Ovest, dello 0,2% nel Centro, mentre il Sud ha il segno negativo. E lo mantiene anche per il 2015, quando la flessione sarà pari allo 0,3%, contro il +0,9% del Centro, il +1,8% del Nord est, il +2,2% del Nord Ovest.