L’Italia ha punte di eccellenza in settori ad alto tasso di innovazione e può sfruttare il connubio fra questi due elementi, Made in Italy e innovazione, per aumentare la competitività del sistema paese: moda, turismo e automotive valgono da soli il 20% del PIL e sono in continua evoluzione grazie alle tecnologie digitali. Il ruolo dell’innovazione nei settori chiave del Made in Italy e le sfide che questo comporta sono state al centro del Deloitte Innovation summit 2017. Gli italiani, secondo l’indagine Deloitte, ritengono che è proprio la sfida dell’innovazione quella fondamentale che il Made in Italy deve affrontare nei prossimi anni, puntando su quattro attori fondamentali: università e centro di ricerca (26%), imprese (22%), Stato (20%), capitale umano (20%).
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La percezione è quindi che a trainare l’innovazione non debba essere uno specifico attore, ma piuttosto il sistema paese. Uno sforzo di questo tipo, per esempio nell’ambito della necessità di far funzionare al meglio il piano Industria 4.0 con i suoi incentivi per gli investimenti in macchinari industriali, e con il focus sulle competenze, è stato compiuto dallo stesso ministero dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, con il network nazionale Industria 4.0.
=> Il network nazionale Industria 4.0
L’indagine Deloitte, nel mettere a punto un possibile percorso per l’Italia, suggerisce di puntare sullo sviluppo di hub innovativi, sul modello Silicon Valley americana ma anche della Londra che ha saputo tradurre la tradizionale competenza finanziaria della City nello sviluppo dell’industria Fintech, di cui oggi è il centro europeo. Altri casi citati: la Silicon Wadi israeliana, leader della cyber security, il distretto agritech della Nuova Zelanda. In sostanza, emerge un modello di innovazione che unisce tecnologie disruptive con un approccio metodologico e pragmatico applicato alle specificità del Paese.
L’Italia vanta posizioni di leadership nei tre settori prima citati, ovvero moda, turismo, automotive, ma anche nautica, agroalimentare, macchinari industriali. Qualche dato:
- fashion: vale oltre il 3% del pil, rappresenta il 35% del sistema fashion UE, primo posto nella competitività del commercio internazionale;
- turismo: oltre il 3% del pil, primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per affluenza di turisti;
- automotive: vale circa il 5% del PIL, l’Italia è il secondo esportatore di motocicli d’Europa e il primo mercato di auto a trazione alternativa;
- macchinari industriali: vale circa il 6,5% del pil, siamo il secondo esportatore d’Europa, il primo nel mondo per le macchine di imballaggio;
- agroalimentare: vale più del 7% del pil, ogni anno 1,2 miliardi di persone nel mondo compra almeno un prodotto alimentare italiano, l’export vale intorno ai 37 miliardi;
- nautica: secondo produttore di imbarcazioni al mondo, leader per i superyacht.
Qui, l’innovazione dovrebbe inserirsi nei punti chiave della filiera, con ogni attore chiamato a uno sforzo diverso:
- imprese: approccio concreto ed incisivo nella realizzazione e concretizzazione dell’innovazione in soluzioni di business;
- Stato: ruolo di regolatore e garante della creazione delle condizioni di base necessarie allo sviluppo e alla diffusione dell’innovazione, attraverso l’aggiornamento delle regole, del sistema legale, fiscale e burocratico;
- sistema finanziario: investitori in grado di convogliare risorse a supporto dell’investimento in innovazione da parte delle imprese;
- capitale umano: deve generare un ambiente “culturale” diffuso e orientato all’innovazione.