È giunta a termine l’indagine antitrust avviata dalla Commissione Europea a maggio 2015 sulla concorrenza nel settore dell’e-commerce nell’Unione Europea rivelando quelle che sono le pratiche scorrette nei mercati elettronici che ne limitano la concorrenza e la scelta dei consumatori. L’obiettivo dell’indagine era di capire quali sono i fattori che attualmente limitano il mercato unico digitale nell’UE per individuare le strategie da attuare per migliorare l’accesso dei consumatori e delle imprese ai beni e ai servizi.
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Confermate le anticipazioni della relazione preliminare diffusa lo scorso settembre: troppe rigidità e complessità e il vizio del geoblocco restringono la concorrenza limitando indebitamente la distribuzione dei prodotti in Europa.
Proprio il problema del geoblocking sui contenuti digitali e loro licenze viene evidenziato come principale ostacolo da rimuovere, a fronte di un 60% di accordi di licenza presentati da titolari di diritti limitato al territorio di un unico Stato Membro andando a limitare la concorrenza nel mercato unico in violazione delle norme antitrust dell’UE.
Attualmente la proposta UE sul copyright e sulla non discriminazione dei clienti, con le quali la l’Unione spera di superare tali problematiche, sono ancora in discussione tra Parlamento e Consiglio.
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Vengono poi evidenziati problemi legati alle restrizioni contrattuali:
- oltre due europei su cinque ricevono dai produttori una qualche forma di raccomandazione o di restrizione sui prezzi;
- circa uno su cinque è soggetto a restrizioni contrattuali per la vendita;
- circa uno su dieci è soggetto a restrizioni contrattuali per l’offerta di siti di comparazione dei prezzi;
- oltre uno su dieci riferisce che i suoi fornitori impongono restrizioni contrattuali alle vendite transfrontaliere.
Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza spiega:
“Alcune pratiche messe in atto dalle imprese sui mercati elettronici possono restringere la concorrenza limitando indebitamente le modalità di distribuzione dei prodotti nell’UE, come conferma la nostra relazione. Queste restrizioni potrebbero limitare la scelta dei consumatori e impedire che si pratichino prezzi inferiori in linea. Allo stesso tempo riteniamo che sia necessario equilibrare gli interessi dei rivenditori al dettaglio in linea con quelli dei commercianti tradizionali, a beneficio dei consumatori. I risultati ottenuti ci permettono di calibrare l’applicazione delle norme dell’UE in materia di concorrenza ai mercati elettronici.”
L’indagine della Commissione UE esorta quindi le imprese a rivedere di loro iniziativa le proprie pratiche commerciali per aiutare i consumatori ad acquistare più facilmente prodotti in altri Paesi per beneficiare di prezzi inferiori e di una più ampia scelta di rivenditori. Viene inoltre dato rilievo ai marchi dell’industria dell’abbigliamento, fra cui Mango (appartenente a Punto Fa), Oysho e Pull & Bear (entrambi appartenenti a Inditex) nonché Dorothy Perkins e Topman (entrambi appartenenti ad Arcadia), come altri settori del dettaglio (il produttore di macchine per caffè De Longhi e il fabbricante di attrezzature fotografiche Manfrotto), che hanno già rivisto le loro pratiche.
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