Modificato da parte del Governo il decreto Banche, che recepisce la direttiva europea sui mutui (per farlo l’Italia ha tempo fino al 21 marzo), prolungando la scadenza a partire dalla quale può essere fatta valere la clausola: il pignoramento dell’immobile può scattare dopo 18 rate non pagate (non più 7), anche non consecutive. Secondo le anticipazioni, la sottoscrizione delle clausole di inadempimento dovrebbe essere facoltativa e la norma non dovrebbe essere retroattiva, ovvero non dovrebbe agire su contratti già sottoscritti, neanche in caso di loro surroga.
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Clausola di inadempimento
Una volta che la banca riceve esplicita disposizione di vendita dell’immobile, ovvero nel caso in cui il mutuario sottoscriva liberamente la clausola di inadempimento, un perito indipendente nominato dal tribunale avrà il compito di valutarne il valore. Quindi, in caso di morosità, la vendita da parte della banca sarà possibile senza passare dall’asta giudiziaria. Il trasferimento del bene alla banca comporterà in ogni caso la totale estinzione del debito, ovvero la banca sarà obbligata a cancellare il mutuo, anche se il valore dell’immobile dovesse risultare inferiore al debito residuo.
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Nel caso in cui dalla vendita dell’immobile risulti un’eccedenza rispetto al debito residuo, questa spetterà al consumatore. Il consumatore potrà essere assistito da un esperto di fiducia, mentre la Banca d’Italia vigilerà sull’intera procedura. La scelta delle 18 rate, spiega Giovanni Sanga del PD, deriva dalla normativa già esistente che prevede la possibilità di sospendere il mutuo sulla prima casa per 18 mesi.
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Senza clausola
Diversamente, se il consumatore non dovesse sottoscrivere la clausola di inadempimento, la banca potrà effettuare la procedura prevista dal Tub (art. 40 comma 2) dopo soli 7 pagamenti mancati, anche non consecutivi. Anche in questo caso l’eccedenza rispetto all’eventuale debito residuo dovrà essere versato dal cliente al termine dei sei mesi dalla conclusione della procedura.