Botta e risposta fra Corte dei Conti, che definisce le misure di spending review del Governo un «parziale insuccesso», e ministero dell’Economia, che rivendica 25 miliardi di risparmi in due anni, che hanno consentito investimenti a sostegno della crescita. Le critiche della magistratura contabile sono contenute nel discorso del presidente, Raffaele Squitieri, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 della Corte dei Conti, il 18 febbraio. Dopo che negli anni della crisi economica «la dinamica della spesa pubblica in Italia ha subito una netta decelerazione», la Corte rileva un:
«parziale insuccesso» degli interventi successivi di spending review, imputabili «a una non ottimale costruzione di basi conoscitive sui contenuti, sui meccanismi regolatori e sui vincoli che caratterizzano le diverse categorie di spesa oggetto dei propositi di taglio».
In pratica:
«i risultati conseguiti, che sono importanti a livelli di dati aggregati, nascondono i segni delle rigidità e delle difficoltà incontrate nella scelta delle modalità di contenimento della spesa».
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La Corte dei Conti non critica quindi insufficienti risparmi da spending review, ma una non corretta ripartizione degli stessi, con operazione poco mirate «di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività», con un «progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall’intervento pubblico cui è chiamato a contribuire». Con l’eccezione del capitolo Sanità, nelle Regioni il «progressivo taglio delle risorse disponibili» si è tradotto «in una modifica del rilievo delle funzioni svolte, con caratteristiche diverse fra regioni», con conseguenti «diversità di accesso dei cittadini ai servizi».
Un’analisi più puntuale della situazione sarà effettuata entro il mese di marzo: Squitieri annuncia che la magistratura contabile sta ultimando un Rapporto sulla spending review da porre all’attenzione del Parlamento (entro marzo, appunto), una verifica utile a:
«valutare la razionalità degli assetti che si vanno affermando, con riguardo, da un lato, ai costi che gravano sulla finanza pubblica e dall’altro ai riflessi sulla qualità dei servizi resi alla collettività».
Questa azione si accompagna alla «consueta e istituzionale funzione di controllo e verifica dell’efficacia di specifiche misure assunte dalle amministrazione», e vuole rappresentare «un contributo informativo utile a meglio orientare le scelte di ulteriore contenimento».
La spending review viene considerata uno strumento particolarmente importante «in un quadro prospettico di finanza pubblica che impone ancora di trovare spazi per correzioni non marginali della spesa», anche per «affrontare la questione complessa del carico fiscale», e in considerazione del fatto che:
«per i prossimi anni il profilo programmatico di riequilibrio della finanza pubblica resta impegnativo».
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Qui si potrebbe aggiungere che i dati macroeconomici degli ultimi giorni non aiutano a migliorare la situazione, visto che l’OCSE ha appena rivisto le prospettive di crescita dell’Italia, portando la stima del PIL 2016 all’1 %, dal precedente 1,4%. Invariata la previsione 2017, che resta all’1,4%. Il taglio, va detto, non riguarda solo l’Italia ma l’economia globale (stime abbassate dello 0,3%, limitando la crescita al 3%).
In parole semplici, un contesto di bassa crescita, certo migliore rispetto a quello di crisi degli anni passati ma comunque non all’insegna di una ripresa robusta, e anzi con stime che diventano via via più prudenti anche a causa delle tensioni sui mercati di inizio anno, e i vincoli imposti dal Patto di Stabilità UE sul fronte del deficit (pareggio al 2017), impongono all’Italia una particolare attenzione sul fronte dei risparmi di spesa. Si potrebbe anche aggiungere che uno degli aspetti più carenti della Legge di Stabilità 2016 riguardi proprio la spending review (5,5 miliardi, circa la metà rispetto alle attese).
=> Legge di Stabilità 2016: numeri, impegni, risorse
E veniamo alla risposta del ministero dell’Economia, che parte dalle cifre: 18 miliardi di risparmi nel 2015, 25 mld nell’intero biennio 2014-2015. Le misure hanno «consentito di finanziare alcune delle misure a sostegno della crescita e dell’occupazione». La spending review, prosegue il ministero, deve consistere in:
«interventi di razionalizzazione connessi a cambiamenti dei meccanismi di spesa e degli assetti organizzativi delle amministrazioni, dall’aumento dell’efficienza della fornitura di beni e di servizi da parte della pubblica amministrazione e dall’abbandono di interventi considerati obsoleti».
Non si tratta quindi di tagli ma, «come nel caso della riduzione delle centrali di acquisto da 35mila a 35 (risultato già conseguito nel campo degli acquisti sanitari), si tratta spesso della revisione di processi complessi e consolidati». Il ministero ricorda i principali interventi legislativi del biennio 2014-2015 che contengono revisioni di spesa e le relative misure: oltre a quella già citate sulel centrali di acquisto, limiti di spesa per consulenze e auto blu, efficientamento gestione immobili pubblici, blocco del turn over dei dipendenti pubblici, tetto stipendio dirigenti pubblici, riduzione spese formazione nel settore pubblico, revisione temporanea indicizzazione pensioni sopra tre volte il minimo, tagli nei vari settori (ministeri, Difesa, enti locali, organi costituzionali), riduzione costi riscossione fiscale, fabbisogni standard per i finanziamenti ai Comuni.
Fonti: il discorso del presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri, la risposta del ministero delle Finanze