Creare in Europa un ambiente fertile per gli investimenti, smobilizzando circa 310 miliardi di euro in tre anni: sono gli obiettivi del Piano Juncker, il programma europeo avviato con una cerimonia ufficiale il 22 luglio a Bruxelles. Il piano mira a crescita e occupazione partendo con i primi progetti a ottobre, mentre lo sblocco delle prime risorse in favore delle PMI è già avvenuto, con il supporto delle banche locali:
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In tutto, sono previsti finanziamenti per 315 miliardi di euro dal 2015 al 2017, che dovrebbero mobilitarsi grazie ai 21 miliardi di liquidità (effetto moltiplicatore di 1 a 15) a garanzia degli investimenti assicurati dall’EFSI (fondo europeo per gli investimenti strategici) e così composti: 16 mld dal bilancio UE, 5 mld dalla BEI. Il grosso (240 miliardi) andrà a finanziare investimenti di lungo termine in settori strategici (energia, trasporti, banda larga, educazione, ricerca e innovazione), ma ci sono anche 75 mld destinati a sostenere le attività delle PMI, erogati attraverso le banche che via via aderiranno, finanziando progetti innovativi e facendo leva su piani europei già esistenti, come il programma COSME. In generale, i finanziamenti passano sempre attraverso partner bancari (in questo modo, non si impatta sul debito degli Stati).
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A disposizione di imprese e investitori c’è un portale europeo interamente dedicato al Piano Juncker, che specifica il ruolo dei diversi attori (fondo EFSI, banche nazionali, Banca Europea degli Investimenti) e i criteri di selezione dei progetti finanziabili.
Per capire se e come il piano Juncker servirà a rilanciare la crescita europea bisogna attendere i prossimi mesi e anni. Nel frattempo, le istituzioni comunitarie esprimono pieno sostegno al programma. Il vice presidente della Commissione UE, Jyrki Katainen (delega a lavoro, crescita, investimenti e competitività), sottolinea che:
«nove stati europei hanno già assicurato contributi al piano attraverso le national promotional bank» (per l’Italia è la Cassa Depositati e Prestiti, con 8 miliardi di euro); «la priorità numero uno è aumentare i posti di lavoro in Europa» (calati del 15% rispetto ai livelli pre-crisi).
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Fra le prime reazioni dall’Italia, quella del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi:
«il piano Juncker lo giudico sempre insufficiente per far ripartire l’Europa però ogni passo avanti è benvenuto […] certo, sarebbe stato meglio partire con 100 miliardi che con 100 milioni».
Per approfondire: il sito europeo dedicato al Piano