Niente Grexit, la Grecia resta nell’Euro: il vertice dei capi di stato europei più lungo della storia della moneta unica si è concluso con un euro-accordo che prevede un salvataggio da 86 miliardi di euro in tre anni, in cambio di un piano di riforme da avviare nel giro di tre giorni. Le Borse reagiscono positivamente, aprendo la settimana all’insegna del rialzo sull’onda del primo passo verso la soluzione della crisi. In vista, però, gli ostacoli non mancano: l’agenda dei prossimi giorni è fittissima e l’appuntamento più importante è il 15 luglio, quando il parlamento greco dovrà approvare le riforme. Almeno fino a quel momento, il respiro di sollievo dei mercati e dell’economia reale rimane sospeso a un filo.
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Uno dei capitoli più importanti dell’accordo riguarda le privatizzazioni: Atene si impegna a realizzarne per almeno 50 miliardi di euro, che serviranno per il 50% a ricapitalizzare le banche, mentre dei restanti 25 miliardi la metà è destinato alla riduzione del debito e l’altra metà a investimenti. La Grecia si impegna poi a fare una lunga serie di riforme economiche relative a pensioni, liberalizzazioni, lavoro.
Le richieste dell’Europa al governo greco hanno scadenze precise: entro il 15 luglio semplificazione del regime IVA e ampliamento della base imponibile al fine di incrementare il gettito, misure iniziali di riforma pensioni, indipendenza dell’istituto nazionale di statistica (ELSTAT), rispetto vincoli di bilancio (prevedendo, eventualmente, tagli alla spesa quasi automatici in caso di scostamento). Poi, entro il 22 luglio, nuovo codice di procedura civile, direttiva sul risanamento delle banche.
Per proseguire nel negoziato e arrivare alla firma di un memorandum d’intesa vero e proprio, la Grecia deve approvare le misure previste il 15 del mese. A quel punto, con ogni probabilità, si sbloccherà anche la situazione delle banche, che per il momento restano chiuse. La BCE non ha ancora riaperto i rubinetti del credito, e con ogni probabilità non potrà farlo in assenza di un nuovo piano di salvataggio. Il prossimo vertice fra i banchieri di Francoforte è previsto fra mercoledì e giovedì, dunque fra il 15 e il 16 luglio.
Ora, non resta che attendere il decisivo voto del parlamento greco di mercoledì 15 luglio. Non si esclude una crisi del governo ellenico di Alexis Tsipras, con la formazione di una sorta di esecutivo di unità nazionale, oppure nuove elezioni. Nel frattempo, si sprecano le reazioni. Come ha osservato il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker:
«In questo compromesso, non ci sono vincitori né perdenti. Non penso che i Greci siano stati umiliati né che gli altri abbiano perso la faccia. E’ un tipico accordo europeo».
In Italia, il premier Matteo Renzi ritiene che la crisi greca si sia conclusa:
«all’insegna del buon senso e della ragionevolezza», ma ora «è necessario lavorare per l’Europa e per il suo futuro», ad esempio investendo nella crescita.
Al momento, in effetti, le considerazioni fondamentali sono due: l’accordo rappresenta senz’altro un’ottima notizia non solo per i mercati ma anche per le economie della zona Euro, Italia in primis. Come evidenziava Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, la Grexit (ovvero l’uscita della Grecia dall’Euro) è:
«uno scenario che rischierebbe di compromettere definitivamente la timida ripresa che si sta registrando nella nostra economia».
D’altra parte, riesce difficile non dissentire da Juncker, secondo il quale non ci sarebbero né vincitori né vinti. Il governo di Tsipras esce decisamente malconcio dal negoziato. Ma anche l’Europa non ha propriamente dato un ottimo spettacolo di sé. Un accordo che chiede a un paese un piano di riforme lacrime e sangue nel giro di tre giorni è una misura del tutto estrema. E se la Grexit è senz’altro uno scenario da evitare anche il ritorno dell’austerity difficilmente potrebbe aiutare la crescita.
Per approfondimenti: Accordo Europa-Grecia