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Pensioni: senza prescrizioni il riscatto INPS per una rendita vitalizia

di Teresa Barone

15 Ottobre 2024 08:34

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Non è prevista alcuna prescrizione per la facoltà di regolarizzare i periodi contributivi per finalità pensionistiche, costituendo una rendita vitalizia.

La facoltà di regolarizzare i vuoti previdenziali ai fini pensionistici non ha alcun termine di prescrizione, permettendo al lavoratore il riscatto dei contributi con oneri a proprio carico.

Il nuovo Ddl Lavoro approvato dalla Camera prevede un passaggio specifico che permette la regolarizzazione anche decorso il termine di prescrizione decennale, il modo tale che il lavoratore possa costituire una rendita vitalizia.

Con questo istituto, di cui all’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, il lavoratore può scegliere di pagare di tasca propria i contributi omessi dal datore di lavoro e ormai caduti in prescrizione, a patto di farsi finanziariamente carico dell’intero onere di riscatto. La facoltà sussiste anche quando il lavoratore ha già ottenuto la pensione.

Il disegno di legge, quindi, supera in qualche modo quanto affermato dalla Cassazione, indicando che l’onere finanziario a carico esclusivo del lavoratore è da determinare in base agli stessi criteri vigenti in materia di riscatto.

Il chiarimento serve a definire e aggiornare l’attuale quadro normativo in materia.

Sebbene la normativa precedente non abbia previsto specifiche disposizioni sulla scadenza della facoltà di regolarizzazione, la Corte di Cassazione ha recentemente precisato che sussiste un termine finale entro il quale il lavoratore può esercitare il diritto alla costituzione della rendita.

Le istruzioni per la valorizzazione dei periodi di contribuzione prescritta sono contenute nella Circolare INPS n.25/2020 e successivi provvedimenti per alcuni casi specifici (ad esempio, per il riscatto ai fini della rendita vitalizia esercitato dai superstiti di un lavoratore).

Per ottenere la rendita vitalizia si deve dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro, la sua durata e la continuità della prestazione, nonchè l’ammontare della retribuzione. In questo modo si può risalire alla quota di contributi omessi e calcolare il relativo onere di riscatto.