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INPS: l’invecchiamento della popolazione mette a rischio le pensioni

di Barbara Weisz

Pubblicato 25 Settembre 2024
Aggiornato 24 Ottobre 2024 06:46

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Pur con la stretta dell'ultimo decennio, l'Italia resta tra i Paesi con la spesa previdenziale più alta e le pensioni più generose: i dati INPS.

L’Italia continua ad avere una delle spese previdenziali più alte d’Europa, nonostante le riforme restrittive. La buona notizia, si fa per dire, è che la sostenibilità del sistema delle pensioni non è ormai più un problema soltanto nazionale.

«L’invecchiamento della popolazione, che si associa ad un aumento dell’età mediana, un calo della fecondità e una riduzione della popolazione in età lavorativa, è attualmente il principale fattore di rischio per la sostenibilità dei sistemi pensionistici di tutta l’Unione europea» segnala infatti il XXIII Rapporto annuale dell’Istituto Nazionale di previdenza Sociale.

Requisiti pensione stringenti per garantire sostenibilità

L’inasprimento dei requisiti per andare in pensione impresso con la Riforma Fornero di fine 2011 ha prodotto solo in parte l’obiettivo previsto:  rendere più sostenibile il sistema.

La spesa pensionistica italiana è particolarmente elevata per due motivi principali. Innanzitutto, l’età effettiva di accesso alla pensione di vecchiaia è ancora relativamente bassa a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro, nonostante un’età legale a 67 anni, tra le più alte in Europa.

Oltre a questo, le pensioni sono, in media, generose ed infatti il tasso di sostituzione della pensione rispetto all’ultima retribuzione percepita prima del pensionamento è tra i più elevati in UE, quasi 15 punti percentuali sopra la media europea.

Da stipendio a pensione: il tasso di sostituzione

Su questo fronte il trend è “positivo”, almeno in ottica di sostenibilità del sistema previdenziale: la Riforma Pensioni Fornero è stata infatti molto efficiente con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Il gap nel tasso di sostituzione con il resto d’Europa negli ultimi anni si sta riducendo.

Significa che l’importo della pensione rispetto all’ultimo stipendio è sempre più basso: una cattiva notizia per i lavoratori, una buona notizia per il sistema previdenziale.

Per quanto riguarda la spesa previdenziale, in base alle previsioni Eurostat crescerà ulteriormente nel prossimo decennio per poi scendere e avvicinarsi alla media europea intorno al 2065.

Le pensioni in Italia

Al 31 dicembre 2023 i pensionati erano circa 16,2 milioni, per un importo lordo complessivo pari a 347 miliardi di euro. Le prestazioni liquidate dall’INPS, sono state praticamente stabili rispetto all’anno precedente, pari a circa 1,5 milioni, di cui il 56% prestazioni previdenziali e il 44% assistenziali con importi medi rispettivamente pari a 1.292 e 483 euro mensili.

Le prestazioni previdenziali sono diminuite del 4,7% per effetto di una forte riduzione delle pensioni anticipate (-15,5%), legata al progressivo inasprimento dei requisiti di Opzione Donna e delle Quote 102 e 103 rispetto alla Quota 100, oltre che all’andamento delle pensioni al superstite non del tutto compensate dall’aumento dei trattamenti di vecchiaia e di invalidità che sono cresciuti rispetto al 2022.

L’età media del pensionamento è 64,6 anni, e pur essendo ancora considerato troppo basso per la sostenibilità dell sistema è migliorata dal 2021, quando era pari a 62,1 anni.

Le soluzioni possibili per la sostenibilità del sistema

Emerge, insomma, l’impatto che la questione demografica ha sulla sostenibilità del sistema previdenziale. Fra le strade percorribili che vengono indicate, c’è l’allargamento della base contributiva, con incremento del numero dei contribuenti e dell’importo medio della loro retribuzione.

Una riflessione a parte la merita l’occupabilità potenziale dei lavoratori anziani, anche potenziando i percorsi di formazione e aggiornamento professionale durante tutta la carriera lavorativa.

Il mercato del lavoro

Alcune notizie positive arrivano dal mercato del lavoro, con una crescita dell’occupazione e dei contratti stabili, a tempo indeterminato. Fra febbraio 2020, quando è scoppiata la pandemia, e maggio 2024, il numero di occupati è aumentato di 912mila unità, e il tasso di occupazione è passato dal 59 al 62,2%. La quota di lavoratori dipendenti con contratti temporanei, sul totale dei lavoratori dipendenti, è scesa da 16,7% a 15,3%.

Continua invece a scendere il numero dei lavoratori autonomi. Fra artigiani e commercianti si registra ad esempio un calo della componente di lavoratori under 30.

Ma anche qui è la questione demografica a preoccupare. In Italia ci sono 13,9 milioni di persone di età 50-64 anni e 7,2 milioni di età 0-14 anni. In mancanza di variazioni nei trend migratori, per ogni due soggetti che usciranno dalla fascia di età lavorativa ci sarà un solo soggetto che entrerà.