Il settore automotive italiano continua a vivere una fase di profonda crisi, con Stellantis al centro delle problematiche produttive e occupazionali: lo sciopero indetto dai sindacati per il 18 ottobre (come protesta contro le difficoltà che interessano gli impianti e contro il rischio di eventuali licenziamenti di massa) ne è un chiaro campanello d’allarme.
La crisi produttiva, unita alla complessa transizione verso l’elettrificazione e l’impatto della concorrenza internazionale, richiede interventi urgenti per sostenere il rilancio del settore.
Anche per questo, il 2024 segna un punto di svolta per la casa autobilistica e per l’intera filiera italiana. Le strategie di rilancio non mancano, e non sempre sono tutte “tricolore”. Vediamo perchè.
Crisi dell’auto: le ripercussioni sul mercato italiano
Le cause dell’attuale crisi nazionale dell’industria automobilistica sono complesse. La lenta transizione verso l’elettrificazione, combinata con l’incertezza economica e la forte concorrenza internazionale, stanno mettendo a dura prova l’intero settore, con un effetto escalation partito con il boom dei prezzi dopo la crisi energertica che rischia di culminare per un crollo di vendite ed un ripiego al noleggio a lungo termine, economicamente più sostenibile rispetto a prezzi ormai alle stelle.
Nonostante gli incentivi statali per l’acquisto di veicoli elettrici e green, il ritmo di trasformazione verso una mobilità sostenibile in Italia è peraltro ancora del tutto insufficiente per mantenere la competitività del Paese a livello globale. Complice i prezzi elevatissimi per i veicoli ad alimentazione alternativa a quella endotermica. Senza contare una carenza drammatica di colonnine di ricarica in città, e di relative postazioni dedicate.
Le vendite di auto a diesel e benzina continuano peraltro a diminuire, considerato che anche su questo versante i prezzi sono aumentati a dismisura, e in parallelo la produzione elettrica è ancora costosa e limitata, lasciando per di più spazio a una potenziale riduzione della forza lavoro.
Insomma, una tempesta perfetta che rischia di esplodere. La mancanza di una strategia solida per il rilancio del settore rischia di innescare una desertificazione industriale con perdite di competenze fondamentali per l’industria nazionale.
Stellatis a un punto di svolta
In questo scenario a tinte fosche, si colloca una pedina strategica per la partita italiana dell’automotive: Stellantis. Gruppo automobilistico nato nel 2021 dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e il gruppo francese PSA Peugeot Citroën, è oggi il quarto più grande produttore automobilistico al mondo in termini di volumi di vendita, con una presenza globale e un ampio portafoglio di marchi che include Jeep, Ram, Chrysler, Fiat, Peugeot, Citroën, Opel e molti altri. Non solo: è anche un gruppo che offre occupazione su larga scala e alimenta determinati trend di vendita.
Ma i risultati non brillano. Nei primi sei mesi del 2024, la produzione negli stabilimenti nazionali del gruppo Stellantis ha registrato un calo del 25,2% rispetto allo stesso periodo del 2023, con una contrazione del 35,9% per quanto riguarda le sole auto.
Questo declino ha colpito duramente tutti i principali siti produttivi nazionali. Gli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Modena e Melfi hanno visto una riduzione della produzione rispettivamente del 63,5%, 38,7%, 73,3% e 57,6%, segno evidente delle difficoltà nel passaggio verso nuovi modelli e nella gestione dei volumi produttivi.
Solo Pomigliano d’Arco si distingue in controtendenza, con una crescita del 3,5%, sostenuta dalla produzione della Fiat Panda, il cui ciclo vitale si estenderà fino al 2029.
Auto elettriche e partnership cinesi
In questo contesto, la produzione di auto elettriche rappresenta una sfida cruciale per Stellantis. Il gruppo ha annunciato piani per espandere la propria offerta di veicoli elettrici, ma la produzione in Italia rimane limitata.
Gran parte della spinta verso l’elettrificazione è concentrata sugli stabilimenti esteri, con Melfi che si prepara a diventare un polo produttivo per i nuovi modelli EV dal 2026.
La capacità del gruppo di competere efficacemente nel mercato dei veicoli elettrici dipende piuttosto dalle partnership internazionali. Stellantis ha infatti stretto collaborazioni strategiche con partner cinesi per accelerare lo sviluppo e la produzione di auto elettriche a basso costo, puntando soprattutto al mercato europeo.
L’alleanza con produttori cinesi come Dongfeng e altri attori locali consente a Stellantis di acquisire know-how tecnologico e risorse fondamentali per la produzione di batterie e componenti chiave per i veicoli elettrici.
Leapmotor è un’altra società emergente nel settore dell’automotive elettrico in Cina con cui nel 2024, Stellantis ha annunciato una partnership come parte di una più ampia strategia di crescita nel mercato delle auto elettriche. La collaborazione fa parte dell’ambizione di Stellantis di aumentare la produzione di veicoli elettrici e ridurre le emissioni complessive, in linea con gli obiettivi fissati per il 2030. L’accordo con Leapmotor prevede la condivisione di tecnologie avanzate e l’accesso al mercato cinese, che è il più grande al mondo per le vendite di veicoli elettrici.
La Cina rappresenta un partner cruciale per Stellantis anche in virtù delle sue capacità produttive elevate e dei costi inferiori nella produzione di batterie e componenti elettriche, strategiche per garantire veicoli elettrici a prezzi competitivi sul mercato globale.
Questa mossa si allinea con il piano Dare Forward 2030 di Stellantis, che punta ad avere il 100% delle vendite europee composte da veicoli elettrici entro quella data. Il ruolo della Cina e di partner come Leapmotor è centrale per raggiungere questo obiettivo, sia in termini di volumi di produzione che di innovazione tecnologica.
Queste partnership rappresentano un’opportunità per Stellantis di colmare il gap rispetto ai principali concorrenti globali nel settore della mobilità elettrica, ma il mercato italiano rimane in bilico. Il Paese, infatti, rischia di perdere la sua centralità produttiva, mentre la delocalizzazione delle attività legate ai veicoli green potrebbe penalizzare ulteriormente l’occupazione e la competitività del settore automotive in Italia.
Con l’aumento delle sfide economiche globali e le pressioni per accelerare la transizione green, il futuro dell’automotive in Italia resta incerto, ma determinante per il Paese.