Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha conferma che nella manovra economica 2025 ci sarà il taglio del cuneo fiscale in busta paga.
Tra tutte le misure di cui si discute questa è un “must”. Un impegno inderogabile è la prima cosa che dobbiamo assicurare.
La procedura di infrazione aperta dalla Commissione UE rende senz’altro più complicata la messa a punto della prossima Legge di Bilancio, ma questo non mette a rischio la proroga della riduzione del carico contributivo sul lavoro dipendente.
Impatto del deficit eccessivo sulla Legge di Bilancio 2025
La procedura di infrazione UE per deficit eccessivo era ampiamente attesa, «d’altronde con il boom di deficit indotto dalle misure eccezionali non potevamo certo pensare di stare sotto il 3%» sottolinea Giorgetti. Questo implica un margine di manovra inevitabilmente ridotto in vista della Legge di Bilancio, in cui c’è un’altra misura che l’esecutivo dovrà parimenti confermare: la riduzione degli scaglioni IRPEF.
Sono due misure che insieme valgono circa 15 miliardi di euro, cifra alla quale bisogna aggiungere i costi necessari a finanziare le spese correnti. Lo scenario di crescita debole, allo 0,8% nel 2024 secondo le stime dell’esecutivo, e l’impossibilità di finanziare la manovra a deficit determinata dalla procedura d’infrazione completano lo scenario evidentemente complesso.
Gli impegni di Governo per la Manovra
Le indicazioni fornite dal titolare dell’Economia vedono un impegno verso misure che proseguano nella direzione intrapresa lo scorso anno: sostenere le fasce più deboli e i redditi bassi.
«Le risorse disponibili – spiega il ministro – vanno inevitabilmente destinate alla mitigazione dell’impatto di eventuali shock sui soggetti più esposti. Ritengo necessario che il percorso di aggiustamento che si andrà a definire nel Piano strutturale di bilancio su cui stiamo lavorando dovrà consentire di fornire il necessario supporto alla crescita e al sostegno dei redditi da lavoro».
Oltre a queste indicazioni di massima, che peraltro confermano la linea fin qui seguita, non ci sono molti elementi. Anche se il ministro insiste particolarmente sul supporto alla crescita (tradotto: politiche non restrittive) e ai redditi da lavoro (e qui il riferimento è al taglio del cuneo fiscale).
Ma con una politica di bilancio che per i prossimi anni dovrà essere anche improntata al principio della selettività, attraverso «politiche disegnate per guardare alla sostenibilità di medio e lungo termine e per innalzare il potenziale di crescita». Quindi, investimenti mirati che non impattino sui conti ma alimentino la crescita. Non «finanziamenti a fondo perduto che non comportano la messa a terra delle opere».
Un ruolo positivo in questo senso potrebbe essere determinato dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha proprio l’obiettivo di rafforzare l’infrastruttura del sistema Italia.
Scenario macro-economico ancora incerto
Resta il fatto che, in attesa dell’effetto propulsivo di questi investimenti, in autunno l’Esecutivo dovrà fare i conti con crescita bassa, vincoli europei, rifinanziamento di misure che da sole valgono un’intera manovra, una cornice politica in Europa a sua volta complessa.
Sull’altro piatto della bilancia c’è il ritorno dell’inflazione a livelli accettabili e la fine della stretta monetaria. Anzi, i tagli dei tassi in vista, dopo il primo operato in giugno dalla BCE, potrebbero fornire un primo stimolo all’economia dopo due anni di costo del denaro particolarmente elevato.
Ma per il momento questa è una variabile difficile da misurare, anche perché la situazione politica in Europa dopo la tornata elettorale potrebbe viceversa introdurre elementi di incertezza, con conseguenze sullo spread.