La Commissione Europea ha avviato a giugno l’annunciata procedura per deficit eccessivo contro l’Italia. Ora si apre un percorso di rientro dal debito lungo e complesso, che impone all’Esecutivo Meloni scelte difficili.
Le sanzioni UE costringono infatti l’Italia a tagli di spesa e riforme strutturali per risanare i conti pubblici.
Procedura d’infrazione per deficit eccessivo
Il 19 giugno 2024 segna l’avvio ufficiale della procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. La Commissione Europea ha incluso il nostro Paese nel “Pacchetto di primavera”, mirato a sanzionare chi non rispetta i parametri di deficit (3%) e debito (60% del PIL) del Patto di Stabilità.
Oltre all’Italia, altre sei nazioni – Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia – sono sotto la stessa lente della UE. Estonia, Spagna, Repubblica Ceca, Slovenia e Finlandia sono stati invece “graziati”.
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Il percorso di rientro dal debito
Secondo le nuove regole del Patto di Stabilità dell’UE, la spesa primaria netta non potrà crescere oltre il 2% nominale annuo tra il 2025 e il 2031. Questo implica una spesa pubblica ferma, per consentire la riduzione graduale di deficit e debito. Il governo Meloni dovrà concordare con la Commissione Europea un piano di riduzione della spesa, da presentare entro il 20 settembre. Questo piano prevede tagli annuali tra i 10 e i 12 miliardi per i prossimi sette anni.
Per l’Italia, che detiene il più alto deficit d’Europa, la sfida è dunque significativa.
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha comunque riconosciuto una crescita economica italiana superiore alle attese, pur richiamando alla necessità di politiche di bilancio prudenti. Allo stesso modo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato l’importanza di mantenere un approccio responsabile, pur confermando l’impegno per il taglio del cuneo fiscale.
L’analisi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio
Il Rapporto annuale dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), evidenzia come il nuovo Patto Ue offra all’Italia un’opportunità per una programmazione pluriennale. Tuttavia, la situazione attuale costringe il governo Meloni a decisioni poco popolari. Con una crescita del PIL prevista allo 0,8% per quest’anno, inferiore all’1% stimato dal governo, e ulteriori differenze di previsione per il biennio 2025-2026, il percorso non sarà semplice.
L’Upb ha elencato diversi fattori di rischio per l’Italia, tra cui le incertezze geopolitiche e l’evoluzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le cui spese rappresentano una potenziale ancora di salvezza, con un aumento del PIL stimato al di sotto delle previsioni ministeriali.
Tuttavia, la reale efficacia di questi investimenti resta da verificare.
Le sfide del governo Meloni
Con il Documento di Economia e Finanza (DEF) che già prevede una correzione dei conti, il governo non deve adottare una manovra correttiva immediata. Tuttavia, le misure di spesa previste per il 2025, come il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef, rappresentano una sfida da 18 miliardi di euro. Questo totale potrebbe salire a 23-24 miliardi considerando il rinnovo dei contratti pubblici e altre spese indifferibili.
In conclusione, l’Italia si trova di fronte a un bivio: rinnovare solo alcune misure chiave per il 2025 o andare allo scontro con l’Europa. Con manovre in deficit non più possibili, il governo Meloni dovrà navigare tra tagli di spesa e riforme strutturali per rispettare le nuove regole del Patto di Stabilità, garantendo al contempo la sostenibilità del bilancio e la crescita economica.