La migrazione dei negozi fisici dagli spazi fisici alla rete continua inarrestabile, dopo il boom sperimentato con il Covid.
Con il boost rappresentato dal risparmio evidente di costi vivi e tasse per gli esercenti che abbandonano le anguste vetrine in strada per passare a quelle immense e virtuali degli shop online.
E con tutte le opportunità in termini di visibilità e taglio delle spese offerto dal vasto mercato dell’e-commerce.
Chiusi 10mila negozi fisici in tre mesi
Nei primi tre mesi del 2024, quasi diecimila imprese del Commercio al dettaglio hanno chiuso i battenti, con una media di oltre quattro negozi in meno ogni ora. Nello specifico, il comparto ha assistito alla chiusura delle saracinesche di 9.828 imprese, circa mille unità in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.Questo fenomeno riflette l’inarrestabile crescita degli acquisti online, come evidenziato dalle stime di Confesercenti, che prevedono un incremento delle spese online del +13% nel corso del 2024.
Un trend che si tradurrà in oltre 734 milioni di spedizioni ai clienti, con una media di quasi 84mila consegne di pacchi all’ora.
=> Decalogo per un e-commerce efficace, su Google e su Mobile
Da negozio e shop online: quanto si risparmia di tasse
La transizione dalle vetrine fisiche a quelle web non è priva di conseguenze economiche per il territorio e per lo Stato. Secondo le stime di Confesercenti:
la scomparsa di attività commerciali dal territorio ha portato il Fisco italiano a perdere, dal 2014 ad oggi, oltre 5,2 miliardi di euro di tasse.
Le piattaforme internazionali di e-commerce, che spesso pagano le imposte in altri paesi, sottraggono infatti gettito fiscale generato dai negozi locali.
Non a caso, il Governo sta cercando da tempo la quadra su una disciplina nazionale, che si coordini con quella UE, volta a raggranellare tasse sui redditi prodotti in Italia dalle multinazionali e dai colossi del Web.
Meno negozi in strada, meno tasse per lo Stato
La riduzione dei negozi comporta una diminuzione della base imponibile per il Fisco. Dal 2014 ad oggi, il tessuto commerciale italiano ha perso oltre 92mila imprese, portando a una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro di tasse negli ultimi dieci anni.
Questa perdita include il gettito di IRPEF, TARI, IMU e altri tributi comunali.
In particolare, 910 milioni di euro di IMU, 660 milioni di euro di TARI, 2,24 miliardi di euro di IRPEF, 223 milioni di addizionale regionali e comunali, 700 milioni di euro di IRAP e 510 milioni di euro di altri tributi comunali.
Boom delle consegne online
E mentre i negozi chiudono, le spedizioni di acquisti online fanno registrare un escalation che ha avuto il suo picco ai i tempi del Covid ma che ha trovato un suo equilibrio stabile, continuando la sua lenta e graduale ascesa.
In dieci anni, le consegne sono aumentate di quasi dieci volte, passando da 75 milioni nel 2013 a 734 milioni nel 2024. Le regioni più interessate sono la Lombardia (oltre 124 milioni di consegne), il Lazio (71 milioni) e la Campania (69,6 milioni).
Il declino del commercio al dettaglio
Ma l’impatto di questo fenomeno è ben più vasto e coinvolge il territorio, a partire dalle economie locali.
Non si tratta solo di trasferimenti del negozio fisico a quello virtuale: le chiusure sono state pesanti, con 17.243 negozi che hanno cessato del tutto l’attività tra gennaio e marzo.
Inoltre, le aperture di nuove attività continuano a diminuire, con solo 7.415 nuove imprese nel primo trimestre del 2024, un numero inferiore alla metà rispetto a dieci anni fa.
Le difficoltà per le neo-imprese di competere in un mercato sempre più dominato dai grandi gruppi e dai giganti dell’online contribuiscono a questa tendenza.
La nuova geografia italiana del comparto
La desertificazione delle attività commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, con le regioni con un tessuto commerciale più sviluppato che registrano i saldi peggiori.
La Campania ha subito la perdita più rilevante di imprese nel trimestre (-1.225), seguita dalla Lombardia (-1.154) e dal Lazio (-1.063). In media, ci sono 12 imprese ogni mille abitanti, con un calo del -14,3% rispetto al 2012.
La scomparsa dei negozi fisici e la crescita degli acquisti online rappresentano un fenomeno complesso con implicazioni economiche significative. Mentre i consumatori beneficiano della comodità dello shopping online, le comunità locali e il Fisco italiano subiscono le conseguenze negative della desertificazione commerciale.