Tra le grandi economie europee, l’Italia è quella che ha reagito meglio alla crisi Covid: il PIL di fine 2019 è stato riagganciato nel terzo trimestre 2021 e la crescita è stata superiore di quella di Germania, Francia e Spagna.
Sono i dati del Rapporto annuale ISTAT 2024, che analizza i punti di forza del Paese nel reagire alle molteplici tensioni economiche degli ultimi anni in un confronto con le altre tre grandi economie europee.
La ripresa dell’economia dopo la crisi
Nel 2020 i consumi sono caduti in tutti e quattro i quattro paesi europei considerati, con una contrazione tra fine 2019 e metà 2020 particolarmente marcata in Spagna (oltre il 25%) e pari a circa il 18% in Italia. La ripresa, seppure con tempi diversi, è stata di tenore simile, anche se oggi i consumi sono ancora sotto il livello pre-crisi in Germania e in Italia per la diminuzione congiunturale dell’ultimo trimestre 2023.
A contraddistinguere l’Italia nella fase post-pandemia sono stati gli investimenti fissi lordi in forte crescita, dinamica opposta a quella osservata nelle altre principali economie europee, in particolare in Germania e in Spagna. Gli investimenti hanno dato un contributo sostanziale all’attività economica, con un impulso importante, ora in calo, offerto dal settore Costruzioni, grazie agli incentivi governativi a sostegno dell’edilizia.
Negli scambi con l’estero di beni e servizi, l’Italia insieme alla Spagna ha risentito maggiormente della forte riduzione dei flussi turistici nel 2020, ma la componente beni ha fatto la differenza. I beni hanno mostrato una crescita più vivace per entrambi i flussi commerciali rispetto agli altri principali paesi europei nel corso del 2021 e nei primi sei mesi del 2022, e nel 2023 il rallentamento è stato in linea con quello delle altre economie. Le esportazioni di servizi hanno invece continuato a crescere per tutto il periodo post-pandemia, favorite anche dalla buona ripresa del turismo.
Buoni i dati sull’occupazione, in costante crescita nel quadriennio considerato, con un andamento più contenuta rispetto a quella della Spagna, ma più vivace rispetto a Francia e Germania.
Il ruolo della digitalizzazione
Il settore che ha maggiormente trainato la crescita sono le Costruzioni, largamente incentivate. Bene anche Servizi e Industria, che ha recuperato pienamente, unica tra le maggiori economie, i livelli pre-Covid.
Un ruolo importante lo ha svolto la digitalizzazione dei processi produttivi. Gli incentivi fiscali, come i crediti d’imposta per gli investimenti in macchinari e software del Piano Industria 4.0 e successivi, e le necessità emerse durante la pandemia (in particolare, la riorganizzazione del lavoro) hanno generato una forte accelerazione nell’uso delle tecnologie digitali.
Nel 2023, oltre il 60% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza servizi di cloud computing, con un incremento di 40 punti percentuali dal 2016. Un’altra legislazione che ha stimolato il mercato è stata l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica.
Fra il 2018 e il 2023 l’utilizzo della e-fattura è passato dal 41,6 al 97,5% delle imprese. In entrambi i casi (tecnologie 4.0 e fatturazione elettronica), l’Italia si colloca in posizione avanzata tra i Paesi dell’Unione europea, al primo posto tra le quattro maggiori economie.
Il contesto internazionale e l’ascesa della Cina
La performance degli ultimi anni ha fatto seguito a due decenni in cui la struttura dell’economia italiana si è adattata, con fatica, ai cambiamenti del contesto competitivo e all’impatto della transizione digitale. Negli ultimi 20 anni, l’Italia ha difeso il proprio posizionamento come paese esportatore, ma la concorrenza delle economie emergenti ha messo in crisi una parte rilevante delle industrie su cui si basava la specializzazione nazionale, che si è gradualmente modificata.
Fra il 1992 e il 2022 la quota della Cina sull’export mondiale di beni è passata dal 2,2 al 14,4%, quella dell’Italia è diminuita dal 4,7 al 2,6%, e con maggiore o minore intensità si sono contratte quelle delle altre maggiori economie industrializzate. La concorrenza sul terreno delle produzioni a minore contenuto tecnologico, nelle quali era molto forte la nostra specializzazione nazionale, ha contribuito a una perdita considerevole di capacità produttiva in questi comparti.
Il livello di internazionalizzazione produttiva è cresciuto, passando da meno del 5% nel 1992, a quasi il 13% nel 2000, fino a circa il 25% nel 2021, ma resta sotto il resto d’Europa. In Francia e Germania è pari a circa il 40%, in Spagna il 50%. La performance delle esportazioni fra il 2000 e il 2023 è stata migliore rispetto a quella della Francia, ma nettamente inferiore alla Spagna e, salvo un recupero nell’ultimo triennio, alla Germania.