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Deloitte, la trasformazione digitale è a misura di PMI

di Barbara Weisz

15 Maggio 2024 15:00

Le PMI affrontano meglio la sfida della trasformazione digitale ma il digitale non è ancora "business as usual": Osservatorio Deloitte Private sulle PMI.

La trasformazione digitale è l’investimento considerato prioritario dalla stragrande maggioranza delle imprese, va coniugata non solo attraverso l’adozione di nuove tecnologie ma anche ripensando organizzazione e modelli di business, e le PMI in questo processo possono avere una marcia in più.

Il 70% delle imprese intervistate dall’Osservatorio PMI di Deloitte Private ritiene che la natura delle PMI e la scala “ridotta” possano rappresentare un punto di forza nel fronteggiare i cambiamenti, grazie a velocità di interazione tra decisori ed esecutori e assenza di sovrastrutture organizzative e funzionali tipiche di realtà complesse.

Il percorso non è però agevole, soprattutto perché la diffusione e la rilevanza delle tecnologie richiedono un profondo ripensamento dei modelli di business. Ne sono convinti sette leader su dieci, soprattutto i vertici delle medie imprese (82%), mentre fra le piccole la percentuale scende al 68%.

Questa consapevolezza non si accompagna però a una conseguente operatività: la media di coloro che dichiarano di essere attualmente impegnati a ripensare la propria strategia di innovazione per garantire la piena transizione digitale nei prossimi 5 anni si attesta al 56%.

Vediamo nel dettaglio le principali evidenze del nuovo studio dell’Osservatorio Private di Deloitte sulle prospettive delle PMI italiane.

La trasformazione digitale è a misura di PMI

Innanzitutto, il vantaggio competitivo rappresentato dalle dimensioni, un dato un po’ sorprendente: in genere, proprio la piccola taglia delle imprese viene considerata un ostacolo per la crescita. Ma «nelle aziende di piccole e medie dimensioni la velocità di interazione tra decisori ed esecutori è incrementata dalla assenza di sovrastrutture organizzative e funzionali tipiche delle realtà più complesse», segnala Ernesto Lanzillo, Deloitte Italia Private Leader.

Quindi «agilità, obiettivi chiari, cultura forte e capacità di mantenere una visione a lungo termine possono contribuire ad accelerare la trasformazione aziendale, rendendo la “natura” di tali aziende un chiaro vantaggio competitivo».

Attenzione, però: in termini di sostenibilità economica e finanziaria, il discorso cambia, in questo caso la piccola dimensione è un fattore negativo, segnala Lanzillo, «con difficoltà di accesso al credito, reperimento dei capitali, sviluppo di piani pluriennali che rafforzino l’azienda. In questo ambito, la necessità di aggregazione in reti di impresa, ecosistemi integrati che aumentino il peso specifico della singola impresa, sono dei “must” per sopravvivenza e crescita».

I principali benefici della digitalizzazione in azienda

Gli investimenti in tecnologia consentono di migliorare l’efficienza dei processi produttivi e di aumentare i tassi di automazione e robotizzazione, con quasi otto leader su dieci che identificano il miglioramento della produttività come un beneficio chiaro della trasformazione. Secondo il 71% delle aziende intervistate, la tecnologia può anche aumentare la competitività e aprire ad opportunità di business al di là del settore in cui già si opera, il che è sempre più importante in un momento di forte convergenza cross-industriale.

Nonostante questa consapevolezza sull’importanza delle tecnologie, sono ancora numerose le imprese che non stanno concretamente portando avanti progetti di innovazione. La media di coloro che dichiarano di essere attualmente impegnati a ripensare la propria strategia per la transizione digitale nei prossimi cinque anni si attesta al 56%.

E questa percentuale, sottolinea Lanzillo, «tende a diminuire in determinati contesti.

Ad esempio, nelle piccole imprese scende al 54% rispetto al 68% delle medie imprese. Nonostante il vantaggio potenziale dello status di PMI nell’adottare la trasformazione digitale, i dati del nostro Osservatorio suggeriscono che queste realtà non posseggono i livelli di preparazione e cultura imprenditoriale necessari per affrontare la transizione nel medio termine.

Al contrario, le imprese di maggiori dimensioni potrebbero aver acquisito tali competenze grazie a un’organizzazione più strutturata, maggiore esperienza e un percorso di innovazione già avviato. La chiave per abbracciare con successo la trasformazione digitale è comprendere che coinvolge l’intero business in tutti i suoi aspetti».

Le cinque aree di intervento prioritarie

Sono cinque, secondo Deloitte Private, le aree su cui concentrarsi per raggiungere gli obiettivi di traformazione digitale:

  • Strategia di trasformazione a livello organizzativo;
  • Solida leadership con acume innovativo;
  • Capacità di change management;
  • Cultura dell’innovazione;
  • Competenze interne.

Tutte e cinque queste aree sono considerate cruciali da Lanzillo, che sottolinea come le aziende premino in particolar modo «la capacità di saper gestire il cambiamento, valorizzando le peculiarità culturali e un approccio “tailor-made” alla digitalizzazione, e affidarsi su risorse che abbiano competenze di natura tecnica e una forte comprensione delle dinamiche interne». L’obiettivo delle imprese che investono in intelligenza artificiale e nuove tecnologia è affermare il digitale come business-as-usual, che significa integrarlo «nel cuore dell’organizzazione, cioè nella cultura, nei processi e nelle persone che la vivono».

La fiducia nell’economia e il Piano 5.0

Un altro dato rilevante riguarda una relativa fiducia che i decisori aziendali hanno nell’economia pur in un momento caratterizzato da forti turbolenze come quello attuale. Circa la metà del campione confida in una crescita del Sistema Paese (47%), mentre un numero superiore mostra fiducia rispetto alla crescita del proprio settore di appartenenza (62%) e del proprio business (75%).

In vista, ora, c’è il Piano Transizione 5.0, già approvato nel marzo scorso ma in attesa dei decreti attuativi e quindi della partenza operativa. Incentiva gli investimenti digitali in macchinari e software che non solo siano 4.0, quindi evoluti e interconnessi, ma che abilitino anche il risparmio energetico. Con il decreto «si pone quindi l’attenzione sulle aziende del Made in Italy che si impegnano in progetti di innovazione in grado di ridurre i consumi energetici», valorizzando il ruolo della trasformazione digitale come catalizzatore per il raggiungimento di obiettivi green  a beneficio dell’intero ecosistema.

«Tale binomio è presente anche nel nostro Osservatorio, dove oltre sei leader su dieci dichiarano che sia prioritario investire in tecnologie digitali per supportare e migliorare la riduzione dei consumi e l’impatto energetico. Infine, il supporto offerto dal Piano 5.0 va oltre gli investimenti in beni materiali e immateriali, in quanto guarda anche alla formazione del personale dipendente, dedicata all’acquisizione o al consolidamento di competenze nelle tecnologie per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi».