Nel nuovo Documento di Economia e Finanza non sono state fornite indicazioni sulle politiche economiche per la prossima Legge di Bilancio. Nonostante questo, ci sono misure sulle quali non dovrebbero esserci dubbi: in primis la conferma nel 2025 della riduzione degli scaglioni IRPEF e il taglio del cuneo fiscale in busta paga, che assieme valgono circa 15 miliardi di euro (difficilmente finanziabili a deficit, visti i numeri del DEF) ma date quasi per certe.
Sullo sfondo ci sono poi altre misure strategiche già adottate quest’anno e sulle quali non è pensabile tornare indietro.
Le coperture scarseggiano ma ci sono motivi fondati che permettono di avanzare alcune previsioni per la Manovra 2025. Vediamo quali.
Riforma IRPEF: tre scaglioni anche nel 2025
La riduzione a tre scaglioni IRPEF non è un’agevolazione fiscale una tantum ma una riforma di legge. E’ stata prevista per il solo 2024 perché a dicembre non c’erano risorse per finanziarla. Ma è impensabile una marcia indietro. Anche per le conseguenze pratiche: significherebbe pagare le tasse sul periodo d’imposta 2024 con le nuove aliquote per poi tornare a quelle vecchie nel 2025 in attesa di poter rifinanziare la riduzione o addirittura rivedendo una delle misure più significative della riforma fiscale? Non è uno scenario ipotizzabile.
Quindi, possiamo essere certi che nel 2025 non si tornerà al sistema a quattro scaglioni. Fra l’altro, presentando il DEF. il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha spiegato che il Governo ha già le risorse per la riforma IRPEF, legate «alla diminuzione dell’ACE e all’introduzione della global minimum tax».
Taglio del cuneo fiscale in busta paga
Sul taglio del cuneo fiscale (sgravio contributivo fino al 7% per i dipendenti con redditi da lavoro fino a 1923 euro al mese, che scende al 6% per chi invece guadagna fino a 2mila692 euro lordi al mese) il discorso è più complesso.
Si tratta di una misura di politica economica, più volte rinnovata ma non inserita in una riforma. Non è stato modificato il sistema fiscale a livello strutturale, pertanto la decisione sulla eventuale proroga è squisitamente politica.
Certo, anche in questo una marcia indietro sarebbe difficile da spiegare, a fronte di un indirizzo preciso già intrapreso. Il motivo per cui si ritiene che sarà confermata anche nel 2025 è dunque il fatto che su questo il Governo si è esposto. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato l’obiettivo di «replicare il taglio del cuneo anche nel 2025».
Detto questo, è indubbio che ci sia un problema di coperture. Il problema non è la bassa crescita (nel DEF il PIL è visto al ribasso all’1%, rispetto all’1,2% precedentemente stimato), ma l’impossibilità di ricorrere all’indebitamento. Il deficit è in calo rispetto al livello monstre del 2023 (7,2%), ma resta abbondantemente sopra il 3% previsto dal Patto di Stabilità. Lo stesso ministro dell’Economia ha già preannunciato una probabilissima procedura di infrazione europea per deficit eccessivo.
Se per mancanza di coperture finanziare l’Esecutivo dovesse scegliere tra riduzione degli scaglioni IRPEF e taglio del cuneo fiscale, allora sceglierebbe la prima misura, perché è una riforma strutturale.
I numeri del DEF
Il Governo, in via del tutto eccezionale ha approvato un DEF che non incamera il quadro programmatico. Le previsioni su crescita, deficit e debito sono state calcolate a politiche invariate.
Giorgetti ha dichiarato l’intenzione di far scendere l’indebitamento dei prossimi anni almeno ai livelli previsti dal DEF 2023, quindi al 3,6% nel 2025 e al 2,9% nel 2026. Le stime tendenziali contenute nel DEF 2024 sono invece rispettivamente del 3,7 e del 3%. In entrambi i casi, la riduzione rispetto al 4,3% previsto per il 2024 è ben superiore al percorso di rientro previsto dal Patto di Stabilità, ma il punto è che con la procedura in corso ci vuole un accordo con Bruxelles, ora non prevedibile.
Segnaliamo fra l’altro che anche il debito rischia di finire nel mirino della Commissione UE, perché non solo è abbondantemente al di sopra del 90% (siamo tradizionalmente il paese comunitario a più alto debito), ma ha invertito la tendenza al ribasso degli ultimi anni. Nel DEF tendenziale appena presentato, è salito al 137,8% del pil, dal 137,3% dell’anno scorso.
Il nuovo Patto di Stabilità UE
In base alle regole del nuovo Patto di Stabilità e crescita (ancora da ratificare in via definitiva, ma sulle quali è stato raggiunto un accordo nel febbraio scorso), i paesi con debito sopra il 90% (come l’Italia) devono intraprendere un percorso pari almeno all’1% annuo. E quelli con deficit sopra il 3% (fra cui ancora l’Italia), devono invece operare una correzione pari almeno allo 0,4%.
Nell’ambito della procedura, e nel rispetto di questi paletti, bisogna concordare un piano quadriennale, elevabile a sette anni a fronte di investimenti. Sarà quest’ultimo il documento che definirà gli spazi di bilancio a disposizione del Governo.
La Legge di Bilancio 2025
Ora, fare previsioni su cosa succederà in materia di rapporti con l’Europa con un nuovo trattato alle porte e una procedura in vista è praticamente impossibile.
Ma sembra comunque molto difficile che ci siano margini per finanziare la manovra a deficit.
Misure da prorogare in Manovra
Tornando al DEF e alle previsioni sulla Manovra 2025, è probabile ipotizzare un ritorno economico (tramite cui finanziare le misure della Legge di Bilancio) da altri strumenti di riforma fiscale, ad esempio il concordato preventivo biennale. In cantiere ci sono diverse novità (la maggior parte sono proroghe di misure 2024), di cui dà un’anticipazione Giuseppe Pisauro su Lavoce.info:
- detassazione del Welfare aziendale e dei premi di produttività,
- riduzione del canone RAI,
- differimento (di sei mesi) di plastic e sugar tax,
- azzeramento dei contributi previdenziali per le dipendenti a tempo indeterminato con due figli,
- credito di imposta per investimenti nella ZES del Mezzogiorno,
- rifinanziamento della Nuova Sabatini per gli investimenti.
«In totale – calcola l’economista de La Sapienza di Roma – quasi altri 4 miliardi. Se tutte confermate, aggiungerebbero poco meno di un punto di PIL al disavanzo ogni anno», portando il conto totale della Legge di Bilancio già oggi (e siamo solo in aprile) fra i 19 e i 20 miliardi.