Il Governo punta a riproporre nel 2025 sia la decontribuzione del cuneo fiscale in busta paga sia con la riduzione a tre scaglioni IRPEF ma per le decisioni programmatiche se ne parla a settembre, mentre per il DEF 2024, approvato il 9 aprile in Consiglio dei Ministri, l’Esecutivo si concentra sul contenimento del debito pubblico, che torna a salire rispetto al PIL.
Il Documento di Economia e Finanza è stato però approvato in versione light, basato su scenari tendenziali e non su quelli programmatici. Vediamo cosa prevede.
Il DEF 2024 si ferma ai numeri tendenziali
Il PIL è visto all’1% per quest’anno, quindi in ribasso rispetto a quello stimato nell’autunno scorso ma comunque migliore di quanto non misurino altri istituti (l’ultimo aggiornamento della Banca d’Italia vede una crescita dello 0,6%). Il deficit è in linea con i numeri già preventivati nella NaDEF nell’autunno scorso: 4,3% nel 2024.
Non viene incamerato l’impatto sui conti pubblici delle misure di politica economica che il Governo Meloni intende intraprendere per l’anno in corso e per quelli successivi. In dettaglio:
- per quanto riguarda la crescita, il PIL è fissato all’1% nel 2024, 1,2% nel 2025, 1,1% nel 2026 e 0,9% nel 2027;
- per quanto riguarda il deficit, il DEF lo stima al 4,3% del PIL per quest’anno (dal 7,2% del 2023, anno su cui si sono concentrati gli effetti negativi del Superbonus), co riduzione al 3,7% nel 2025, al 3% nel 2026 e al 2,2%;
- per quanto riguarda il debito, infine, viene visto al 137,8% per quest’anno (in salita da 137,3% del 2023) ed in aumento al 138,9% nel 2025 e al 139,8% nel 2026.
Politiche economiche all’insegna della prudenza
Il motivo per cui non sono state fornite stime programmatiche dovrebbe essere riconducibile all’attesa per le nuove regole UE sul Patto di Stabilità.
Giorgetti, dopo il Consiglio dei Ministeri, si è limitato a dire che «le previsioni di tipo macroeconomico sono complicate in un quadro di carattere internazionale e geopolitico complicato».
In realtà, sul bilancio di quest’anno pesano due grosse incognite:
- l’esatta quantificazione dei costi del Superbonus e delle altre cessioni di crediti edilizi (in tutto, si parla di 200 miliardi di euro), con un impatto certo sul deficit e ancora da capire sul debito (la classificazione di queste poste è cambiata lo scorso anno, e potrebbe ulteriormente subire modifiche quest’anno);
- le entrate che arriveranno nell’anno in cui sta entrando in vigore al riforma fiscale, ad esempio tramite il concordato preventivo biennale, che potrebbe far emergere gettito.
Un contesto contrassegnato da diverse incertezze, che possono essere destinate a cambiare gli scenari macroeconomici, che di conseguenza vengono presentati solo in base alle politiche già in atto.