Il rischio insolvenza delle imprese italiane resta alto, ben superiore ai livelli pre-Covid, anche se il 2024 segnerà un lieve miglioramento rispetto all’anno passato.
Lo rivela il Credit Outlook 2024 di Cerved Rating Agency, che traccia una serie di scenari possibili a partire dalle due variabili in gioco: tensioni geopolitiche e il livello dei tassi.
Imprese: rischio di default in calo nel 2024
Nello scenario migliore, che vede il costo del denaro scendere e un impatto limitato dei confitti e delle crisi internazionali sull’attività delle imprese, il rischio di default scenderebbe dall’attuale 6,22% al 6,13%, ma a beneficiarne sarebbero soprattutto le grandi imprese.
Nello scenario base è destinata a proseguire la discesa dell’inflazione, la BCE inizierebbe a tagliare a i tassi, l’attività economica si consoliderebbe nella seconda metà del 2024 e il rischio di default scenderebbe al 6,13%. Comunque sempre sopra il 6%, un livello mai raggiunto prima del dicembre 2023.
Si tratta di un’ipotesi in linea con le ultime mosse di politica monetaria: al momento si è conclusa la fase rialzista e, se i dati macro continueranno a proseguire in linea con le previsioni, la Banca Centrale Europea inizierà a ridurre i tassi da giugno.
Rischio ancora elevato per le piccole imprese
Ma c’è un però: i numeri si riferiscono alla media delle imprese, con il rischio scendere in modo più consistente fra le grandi imprese (-4% rispetto al 2023) e solo marginalmente per le realtà di piccole dimensioni (-1%).
A livello di settori, inoltre vanno meglio quelli che hanno sofferto maggiormente negli anni passati (turismo, ristorazione), resta positivo il trend per il farmaceutico, mentre i numeri sono più negativi per alcuni comparti industriali, come il tessile e la plastica, e per l’agricoltura.
Investment Grade in flessione costante
L’aumento della rischiosità di portafoglio risulta evidente considerando il numero di imprese valutate con un rating positivo (Investment Grade). In un campione di oltre 15mila società di capitali, si è scesi infatti dal 56,7% di dicembre 2019 al 40,8% di dicembre 2023.
In pratica, a partire dal 2021 si sono invertite le proporzioni tra le imprese che si rivelano solide dal punto di vista finanziario e quelle invece più fragili.
Due scenari peggiorativi
L’agenzia di rating italiana, specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie, propone anche scenari peggiorativi, che ipotizzano una politica monetaria restrittiva perdurante e il peggioramento dello scenario internazionale e delle condizioni macroeconomiche.
Quello intermedio ipotizza il peggioramento della situazione geopolitica in atto, il rinvio del taglio dei tassi e nuovi ritardi nell’attuazione del PNRR: come conseguenza, il rischio default salirebbe al 6,39%.
Lo scenario peggiore vede i conflitti estendersi ulteriormente, la stagflazione dominare in Europa e USA, delinearsi una nuova stretta sul costo del denaro ed il configurarsi di una sospensione dei piani del PNRR: la probabilità di default schizzerebbe al 6,82%, con un forte deterioramento della qualità del credito e una sensibile migrazione delle imprese valutate verso le classi di rating peggiorative.