La CommissioneEuropea ha inviato un parete motivato all’Italia a seguito della procedura d’infrazione in materia di Assegno Unico e universale per i figli a carico: il doppio requisito dei due anni di residenza nel Paese e della convivenza per poter ottenere il sussidio INPS è discriminatorio.
Il Governo italiano ha ora due mesi per rispondere al parere della Commissione UE e adottare le misure necessarie a sanare il difetto normativo. Diversamente, potrà essere deferito alla Corte di Giustizia Europea e riceverne le relative sanzioni.
Assegno Unico: i motivi della contestazione UE
Ad oggi possono ricevere l’AUU (Assegno Unico e Universale) per i figli a carico, soltanto i genitori che risiedono da almeno due anni in Italia e che si trovano nel nucleo familiare dei figli.
La procedura d’infrazione UE è stata formalmente aperta lo scorso febbraio, motivata da due principali punti critici della norma italiana sull’Assegno Unico (Dlgs 230/2021), proprio in relazione ai due requisiti in questione (residenza biennale nel Paese, convivenza nel nucleo dei figli), i quali:
- violano il diritto UE sulla libera circolazione dei lavoratori (regolamento (UE) n. 492/2011 e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) perchè non li trattano tutti allo stesso modo,
- non rispettano il regolamento (CE) 2004/883 sul coordinamento della sicurezza sociale (che vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari).
Da qui la contestazione formale della normativa italiana sull’AUU, che:
viola il diritto dell’UE, in quanto non tratta i cittadini dell’UE in modo equo, e pertanto si qualifica come discriminazione.
Correttivi entro due mesi o si rischia la Corte di Giustizia UE
Dopo la risposta inoltrata a giugno alle prime contestazioni, non essendo giunte le interlocuzioni intercorse tra Roma e Bruxelles ad alcuna soluzione di accordo, con l’invio del parere motivato si fissa ora la scadenza formale di due mesi entro la quale l’Italia dovrà conformarsi al diritto dell’Unione Europea.
I soggetti che vivono all’estero, tra l’altro, con l’istituzione della nuova misura hanno anche perso le detrazioni spettanti per figli a carico, essendo state convertite nel nuovo strumento, che però è loro precluso.
Anche gli stranieri che hanno figli residenti in Italia, compresi molti frontalieri, restano fuori dall’Assegno Unico non figurando nel nucleo ISEE.
L’Italia deve ora provvedere a modificare l’attuale disciplina dello strumento. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di Giustizia Europea.
Una strada peraltro ben nota all’Italia, che nella stessa giornata è stata deferita alla Corte UE per la disapplicazione delle direttive europee (direttiva 2011/7/UE) sui tempi di pagamento alle imprese, con saldo in 30 giorni.