Dalla lettura dei verbali della riunione di metà giugno del Consiglio direttivo della BCE (Banca Centrale Europea), è emerso il rischio che il rialzo dei tassi fosse stabilito addirittura nella misura di 50 punti base invece dei 25 alla fine decisi («in considerazione del rischio che l’inflazione elevata diventi più persistente»).
Da qui la certezza di un ulteriore aumento a luglio, probabilmente di altri 25 punti, mentre sulle mosse successive di politica monetaria c’è una maggior prudenza. L’approccio resta quello basato sui dati, dettati dall’andamento dell’economia reale: l’analisi delle variabili economiche in atto a fine mese determinerà dunque le valutazioni sulle mosse di politica monetaria da adottare a settembre, dopo la pausa estiva.
Ma ci sono posizioni interne al consiglio direttivo BCE che spingono per un allentamento della stretta. Vediamo tutto.
Rialzo tassi per il caro prezzi e l’inflazione core
L’indice dei prezzi al consumo resta l’elemento centrale delle valutazioni della Banca Centrale Europea. Secondo la quale «prevalgano ancora rischi al rialzo per le prospettive di inflazione, principalmente a causa di dinamiche salari-prezzi più persistenti rispetto a quelle incorporate nelle proiezioni».
Il rialzo di altri 25 punti base previsto per fine luglio servirà a far restare la curva dell’inflazione all’interno dei target che hanno ispirato le ultime mosse di politica monetaria.
Contrapposizioni interne alla BCE
Fra i motivi che a giugno hanno spinto per una ulteriore stretta monetaria invece che una politica più espansiva (visto il contesto di crisi economica) ci sarebbero le stime sull’inflazione core, che «è stata nuovamente rivista al rialzo nelle proiezioni degli esperti».
In realtà, i dati indicano che sostanzialmente l’inflazione di fondo si è stabilizzata. E, in ogni caso, si legge nel report della riunione, «è stato anche evidenziato che il consiglio direttivo non dovrebbe porre troppa enfasi sull’andamento dell’inflazione core, poiché il suo mandato riguardava l’inflazione headline. Inoltre, l’inflazione core non rappresentava il paniere dei consumi delle famiglie e storicamente non era stata un buon indicatore anticipatore della futura inflazione complessiva nell’area dell’euro».
L’impatto della stretta monetaria
I membri del board dell’Eurotower hanno comunque concordato sul fatto che «i tassi di interesse abbiano raggiunto un territorio restrittivo, mentre non è chiaro a che punto la posizione diventerà sufficientemente restrittiva».
E sostanzialmente, come sottolineato nelle ultime settimane anche dalla presidente Christine Lagarde, hanno stabilito che il rialzo dei tassi potesse contribuire a far scendere l’inflazione proprio in considerazione dell’impatto sull’economia reale.
Credito sempre più caro
Il rialzo dei tassi si è trasmesso su condizioni di finanziamento, volumi di credito ed economia reale, mentre gli effetti sull’inflazione sono rimasti «variabili e incerti». Con l’ulteriore complicazione rappresentata dall’andamento differente nei diversi paesi. Da qui, la scelta «di essere sufficientemente restrittivi e persistenti nell’inasprimento della politica monetaria».
Tutte queste considerazioni sono alla base delle decisioni di politica monetaria di giugno e luglio.
Quale politica sui tassi BCE da settembre?
Dopo l’estate l’approccio potrebbe cambiare. Secondo il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, espresso in occasione dell’assemblea annuale dell’ABI (Associazione Banche Italiane), «le decisioni continueranno a essere basate, volta per volta, sulla valutazione dell’impatto dei nuovi dati economici e finanziari sulle prospettive dei prezzi al consumo nell’area dell’Euro, così da garantire un rientro sufficientemente veloce dell’inflazione all’obiettivo del 2%».
Anche a fronte del marcato irrigidimento delle condizioni di finanziamento e del forte indebolimento del credito si dovrà procedere con la necessaria prudenza al fine di evitare indesiderate ripercussioni sull’attività economica, sulla stabilità finanziaria e sulla stessa stabilità dei prezzi nel medio termine.