Il 12 giugno 2023 si è spento uno degli indiscussi protagonisti della storia d’Italia negli ultimi decenni.
Fino al 26 gennaio del 1994, Silvio Berlusconi era “solo” un imprenditore: veniva dal settore immobiliare, poi concentratosi su editoria e televisione, ed era già proprietario delle tre maggiori reti private italiane, della prima casa editrice del Paese (Mondadori) ed editore del Giornale, nonché proprietario e presidente del Milan “stellare” che vinceva tutto in Italia e in Europa. Non un signor nessuno, insomma.
Ma è dopo il 1994 che diventa anche uno dei protagonisti della politica e della storia delle istituzioni italiane. E lo resta fino alla fine: si è spento a 86 anni, ancora senatore, dopo essersi candidato un anno prima alla presidenza della Repubblica.
Silvio Berlusconi: un capitolo d’Italia
La discesa in campo, annunciata con un video messaggio il 26 gennaio del 1994 porta nel giro di pochi mesi alla vittoria alle elezioni e alla prima presidenza del Consiglio alla guida di un Governo in alleanza con la Lega di Umberto Bossi e Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Era l’Italia di Tangentopoli, l’inchiesta della procura di Milano partita nel 1992 e che, fondamentalmente, fu uno dei motivi della decisione di entrare in politica. L’inchiesta stava spazzando via un’intera classe politica, le elezioni del 1994 segnarono la prima grande cesura, con i partiti tradizionali, Dc e Psi in primis, improvvisamente senza più nè bussola nè voti.
Disse agli italiani che voleva rappresentare l’Italia liberale, dell’uomo che si era fatto da solo e che avrebbe creato opportunità per tutti. Riuscì a convincerli. Quattro volte presidente del Consiglio, protagonista assoluto di 20 anni di politica, negli ultimi dieci anni in posizione più defilata ma sempre punto di riferimento del centro destra del Paese.
Un protagonista, anzi forse il protagonista dell’Italia a cavallo del nuovo millennio. Anche lui fu al centro di molteplici inchieste, in alcuni casi arrivate anche alla sentenza di condanna, ma non fu mai realmente disarcionato.
Il Governo Berlusconi
Emblematica la prima esperienza di Governo: il primo esecutivo che ha guidato, dopo aver vinto le elezioni del ’94, durò in realtà pochi mesi. Nel dicembre dello stesso arrivò il famoso avviso di garanzia che lo raggiunse mentre presiedeva il G7 di Napoli.
Un colpo durissimo, che portò alla successiva rottura con l’alleato leghista e alla caduta del Berlusconi 1. Segue un Governo tecnico (guidato da Lamberto Dini, che era stato il suo ministero del Tesoro), poi le elezioni del ’96, che vennero vinte dall’Ulivo di Romano Prodi. Sconfitta definitiva? Manco a dirlo. In realtà, furono proprio gli anni successivi a consolidare una leadership che resterà poi incontrastata per 20 anni.
Nel 2001, Berlusconi vince di nuovo le elezioni. Questa volta, il Governo è decisamente più stabile e duraturo del precedente. Anche il Berlusconi bis non arriva alla fine della legislatura, ma resta probabilmente uno degli esecutivi più duraturi della storia dell’Italia.
Cadde nel 2005, sull’onda di una sconfitta alle elezioni regionali che (dato di cronaca che molti ricorderanno) costrinse Emilio Fede a cambiare le bandierine sulla mappa del Paese durante al diretta elettorale. Ce ne furono altri due, nel decennio seguente, di esecutivi guidati da Silvio Berlusconi. Nel frattempo, la Casa delle Libertà diventò il Popolo delle Libertà, ma con gli alleati di sempre, ovvero Bossi e Fini.
Gli scandali e le nuove inchieste
Ci furono anche altre inchieste (legate soprattutto a reati relativi alla gestione delle sue aziende). E scandali (il presunto bunga bunga, ovvero i festini nella villa di Arcore che finiscono nel mirino della magistratura per la presenza di minorenni, accusa da cui venne poi assolto).
Nel 2013, il Senato in applicazione del legge Severino ne stabilisce la decadenza dall’incarico di senatore. Un altro colpo durissimo, dal quale si rialza: nel 2018 non può ricandidarsi, ma sulla scheda elettorale resta indicato come leader di Forza Italia. La riabilitazione definitiva un anno dopo, con l’elezione al Parlamento Ue. E torna anche in Senato, con le ultime elezioni dello scorso settembre 2022.
Le altre attività
E’ questa la parabola della storia di Silvio Berlusconi: alla fine, le sue battaglie le ha sempre vinte. Dunque i primi anni come imprenditore milanese in ascesa, talentuoso, affascinante, istrionico, con le conoscenze giuste (il suo testimone di nozze fu Bettino Craxi). E poi invece decenni da protagonista di primo piano della vita del paese. E ancora, non abbiamo descritto fino in fondo Silvio Berlusconi.
Gli ultimi anni
E’ difficile isolare pochi elementi che ne restituiscano la cifra. Il primo, forse, è che intorno alla sua persona, e al ruolo che svolge, si costruisce il primo vero bipolarismo in Italia. E si mettono anche le basi per una sorta di svolta istituzionale ancora oggi al centro del dibattito politico.
L’attuale premier, Giorgia Meloni, che diventò ministra per la prima volta nel Governo Berlusconi bis, ha recentemente avviato un confronto per una riforma in senso presidenzialista per la quale, almeno culturalmente, Berlusconi ha preparato il terreno. E’ stato il primo premier italiano che è arrivato a Palazzo Chigi forte di una investitura popolare. Il suo nome, come detto, compariva sulla scheda, gli italiani (o almeno, molti italiani) votavano il partito di Berlusconi. Negli ultimi anni, appannata la sua stella, si è sgretolato anche il partito.
A chi il testimone?
E questo forse è il secondo elemento. Chi raccoglie l’eredità di Berlusconi? Intendiamo a livello di leadership, imprenditoriale e istituzionale.
Si dice che non abbia saputo creare intorno a sé una vera nuova classe dirigente, in grado di portare avanti il suo disegno. E’ vero solo in parte. Giorgia Meloni viene da quell’esperienza e da quella storia, pur essendo poi emersa in seguito a una cesura (l’uscita dal partito di Fini e la fondazione di Fratelli d’Italia). Ma non rappresenta la continuità con Berlusconi, dal quale politicamente è distante.
E’ vero che non è mai riuscito a proporre veri leader che ne proseguissero l’azione. La costante tensione verso il successo è stata la sua cifra nel bene ma anche nel male. Il rientro in Senato nell’autunno scorso è stata una vittoria personale, il tentativo di fare una braccio di ferro alla prima occasione utile per inserire i fedelissimi nelle liste delle varie nomine governative, invece, un passo falso.
E’ il rischio a cui vanno spesso incontro i potenti.
L’uomo e il leader
Non era un uomo solo al comando, ha sempre avuto un cerchio magico stretto e granitico, con gli amici di sempre che sono nel corso degli anni diventati i suoi più stretti collaboratori. In primis, Fedele Confalonieri, con il quale da giovane cantava e suonava sulle navi da crociera e che è stato il suo costante braccio destro (va detto, più negli affari che non nella politica).
La politica lo ha visto protagonista, di primissimo piano, ma ne ha anche messo in luce i limiti. Non è riuscito nell’intento di ricostruire la destra liberale italiana. Non è nemmeno riuscito a rafforzare in modo permanente il centro destra.
E’ stato più un uomo di potere che non un leader trascinante dal punto di vista degli ideali, dei programmi, delle idee. E’ stato, e questo è un altro elemento rilevante, un uomo che si è più volte rialzato. E che spesso è stato sottovalutato. Fin dalla discesa in campo del 94: non ci credeva nessuno, la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto sembrava proiettata verso la vittoria praticamente senza avversari. Berlusconi in pochi mesi la spazzò via. Nello stesso modo, riuscì a raggiungere gli obiettivi che si prefiggeva, e che dichiarava pubblicamente, tutte le volte che sembrava ormai destinato all’inevitabile tramonto.
Conosceva il potere, l’importanza delle relazioni, aveva preparazione, mente brillante, istinto istrionico, soldi. Ma anche la capacità di prepararsi, con umiltà e determinazione. Nella campagna elettorale del ’94, compariva solo con videomessaggi registrati, non accettava interviste in diretta. La comunicazione era accuratamente seguita.
Svolta autoritaria? Un leader che non ha il coraggio di rispondere alle domande? Se ne dissero tante. La verità era che si stava preparando.
Era un capitano d’azienda, abituato a un tipo diverso di interlocuzione. Pian piano imparò il linguaggio, i modi e i tempi della politica. E, decisamente, smise di aver paura della diretta. Non ci mise tantissimo: le elezioni del 2001 le vince dopo aver siglato un Patto con gli italiani dallo studio televisivo di Porta a Porta.