Detto in termini semplici, si potrebbe dire che secondo il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, l’Europa sta sbagliando rotta. I piani per potenziare il digitale e la trasformazione green si limitano a fissare obiettivi, senza prevedere adeguati strumenti di politica industriale.
Ci vuole invece una presa d’atto sul valore strategico dello sviluppo dell’industria, e una conseguente risposta politica: fra gli strumenti suggeriti c’è prima di tutto un Fondo sovrano europeo che finanzi l’innovazione in alternativa alle attuali regole sugli aiuti di stato.
Il numero uno di Confindustria esprime così la sua vision in occasione del Festival dell’Economia di Trento.
Confindustria: l’Europa finanzi la transizione
«L’Europa ha fatto l’Europa solo con la crisi pandemica, una crisi simmetrica che ha colpito tutti gli Stati membri, attuando il Next Generation EU. Dopo si è tornati a pensare ognuno a se stessi, di fronte alle sfide di competitività che ci hanno lanciato Stati Uniti e Cina». Ovvero, la transizione green e digitale.
Il problema non sono la Cina e gli Stati Uniti, il problema siamo noi che non stiamo accompagnando l’industria europea con strumenti di politica industriale.
In pratica, la differenza fondamentale fra il Next Generation EU e gli altri Programmi europei è rappresentato dai finanziamenti. Il Recovery Plan è stato finanziato con l’emissione di un bond europeo e segue regole proprie in materia di distribuzione delle risorse.
Il punto, secondo Bonomi, è capire «che l’industria è un tema di strategia nazionale ed europeo» e, senza partire da qui «non faremo mai gli strumenti necessari per essere competitivi». Il problema è che «abbiamo una serie di Stati che pensano di risolvere i problemi facendo una guerra interna».
Strumenti concreti invece di obiettivi
La prima proposta è l’istituzione «di un Fondo sovrano europeo». La seconda, in linea con quanto fra l’altro richiede il Governo, è quella di scomputare dai vincoli del Patto di Stabilità gli investimenti nella transizione green e digitali richiesti proprio dai Regolamenti Ue.
Bonomi sottolinea l’importanza di arrivare presto a un accordo: «premesso che si dovrebbe chiamare Patto di crescita e stabilità, è nostro interesse che si faccia entro l’anno, con il debito che abbiamo, anche se spalmato su un lungo tempo, non è nostro interesse restare esposti ai mercati finanziari». Ma, «dal momento che l’Europa ci spinge a realizzare certi investimenti nelle transizioni, dovrebbero essere scomputati».
PNRR e riforme: i nodi vengono al pettine
Nel frattempo, però, bisogna spendere i soldi del PNRR. «Le risorse ci sono, non abbiamo più scuse. Non si stanno realizzando le riforme, che vanno fatte senza indugio, come quella della giustizia e quella fiscale.
E’ stato fatto un primo passo, ma non è la riforma organica che auspicavamo, serve una riforma del mercato del lavoro a 360 gradi concentrata sulle politiche attive di cui non si vede traccia, nemmeno nell’ultimo decreto».
Naturalmente, riflettori puntati anche sulle modifiche al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza chieste dall’Italia in sede Europea: lo hanno fatto anche altri paesi, «le condizioni di scenario sono cambiate da quando il PNRR è stato pensato. Bisogna avere il coraggio di dire cosa possiamo fare nei tempi previsti».