Il DEF per il prossimo triennio fotografa un’Italia che torna ai ritmi di crescita asfittica degli ultimi decenni, dopo i due anni di forte ripresa post-Covid. La volontà di Governo di superarli comporta una stagione di riforme e politiche economiche mirate, ma permangono diverse incognite, dalle nuove tensioni sui mercati dell’energia alla situazione geopolitica ancora incerta per colpa della guerra in Ucraina.
=> Il testo il PDF del DEF 2023
Il PNRR viene individuato come strumento fondamentale per il rilancio della ripresa, ma non basta. È necessario «investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano, tale da consentire la creazione di condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa».
Ripercorriamo i principali numeri del Documento di economia e finanza e vediamo quali politiche economiche il Governo sta impostando di conseguenza.
I numeri sulla crescita
Il PIL tendenziale 2023 è pari allo 0,9% (1% il PIL programmatico), in rialzo rispetto alle previsioni di novembre, contenute nel documento programmatico di bilancio, che segnava un +0,6%. C’è invece una correzione al ribasso sul PIL 2024, che si porta all’1,4% (1,5% programmatico), dall’1,9% previsto invece nel DPB di novembre. Si confermano la crescita dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026.
PNRR e riforme economiche
Ora, nel breve termine il Governo continuerà a lavorare per sostenere la ripartenza e tenere sotto controllo l’inflazione. Nel medio lungo termine, invece, si punta su PNRR e riforme.
La prima è la riforma fiscale appena dal Governo a metà marzo ed ora in Parlamento. E’ una legge delega e pertanto, dopo l’approvazione delle Camere, la sua attuazione sarà demandata a decreti legislativi da approvare entro due anni. Un cammino relativamente lungo che consentirà di impostare nuove politiche fiscali (come la flat tax per tutti). Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, fornisce ulteriori elementi in questo senso: la riforma «privilegerà i nuclei numerosi» e «riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona».
Un’altro intervento atteso è quello sulle pensioni, che il DEF indica fra i decreti collegati alla Manovra di Bilancio 2024. La riforma pensioni slitta ormai da anni ed immancabilmente si è registrata anche in questi mesi una battuta d’arresto per il tavolo negoziale con i sindacati, quindi bisogna capire se in effetti ci saranno tempi e spazi per approvare una riforma entro fine anno.
Sugli altri capitoli, Giorgetti si limita a sottolineare che si mira «per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del PIL e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale». Quindi resta la barra dritta sui due grandi macro pillar del PNRR, ovvero digitalizzazione e sostenibilità.
Debito e deficit
Il debito nel 2022 si è attestato al 144,4%, quindi 1,3 punti percentuali in meno rispetto alla previsione del DPB dello scorso novembre. Il DEF conferma la progressiva diminuzione negli anni seguenti: 142,1% nel 2023, 141,4% nel 2024 e 140,9% nel 2025, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026.
Sul fronte del deficit sono confermati gli obiettivi di novembre. Lo scenario programmatico vede il rapporto deficit/PIL al 4,5% nel 2023, al 3,7% nel 2024, al 3% nel 2025, al 2,5% nel 2026. Quindi, la fatidica soglia del 3% del PIL prevista dalle regole europee verrà recuperata solo tra due anni (sia a livello programmatico sia a livello tendenziale).
Taglio cuneo fiscale e pressione fiscale
Il deficit programmatico del 4,5% consente, a fronte di una stima tendenziale del 4,35%, di utilizzare circa 3 miliardi per un provvedimento di prossima attuazione che prevedrà nuove misure di taglio del cuneo fiscale.
Il ministero dell’Economia parla di una riduzione «dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi» per sostenere lo slancio nel mercato del lavoro.
un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi può contribuire al duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e al contempo limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe la vampata inflazionistica causata dai prezzi energetici e alimentari più sostenuta nel tempo, trasformandola in strutturale.
Con la Relazione al Parlamento, sentita la Commissione europea, il Governo richiede l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento liberando risorse da destinare nel 2023 al nuovo taglio del cuneo fiscale e nel 2024 a interventi di riduzione della pressione fiscale.
Questo è il percorso tracciato. Possiamo solo dire che staremo a vedere. Sul debito intervengono una serie di fattori fondamentali, anche legati allo spread: se tornasse a salire, salirebbe il costo del debito, nel senso che il Tesoro dovrebbe riconoscere interessi più alti ai titoli di Stato.