Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel corso del workshop Ambrosetti ha dichiatato che le stime di crescita saranno riviste al rialzo per l’economia italiana:
Le previsioni per il 2023 sono in miglioramento, ci aspettiamo variazioni congiunturali positive del PIL nella prima metà dell’anno, che ci porteranno a rivedere leggermente verso alto l’obiettivo di crescita per il 2023 precedentemente indicato dello +0,6%.
Per il resto dell’anno, in nome della prudenza, il Governo continuerà ad assumere invece un ritmo moderato di crescita.
L’inflazione sembra “aver preso una curva discendente”, in particolare grazie ai prezzi dell’energia, ha ricordato il ministro, che non manca però di tenere ben presente la perdita del potere d’acquisto dei redditi dovuto al pesante rincaro dei prezzi, che deprime i consumi.
per chi ha responsabilità politica non può non preoccupare la dinamica del carrello della spesa, prodotti alimentari in primis.
Preoccupa tuttavia anche il perseverare dell’attuale politica monetaria della BCE, che sembra ancora procedere a ritmo sostenuto sulla strada dei rialzi dei tassi per ridurre l’inflazione, non guardando agli effetti che tali scelte comportano sull’economia reale.
Per la presidente della BCE, Christine Lagarde, la strada tracciata finora sembra essere chiaramente tracciata, con l’obiettivo unico di garantire la stabilità dei prezzi. E di portare l’inflazione entro il 2%. Da qui il timore che gli ultimi 9 mesi contraddistinti da un costante rialzo dei tassi siano destinati a raddoppiare, considerato che finora non hanno prodotto gli effetti auspicati.
In Italia l’inflazione è addirittura salita in questi mesi, anche se i prezzi stanno ora iniziando a scendere.
La strategia di controllare la crescita dei consumi per abbattere l’inflazione core si ripercuote inevitabilmente sull’economia reale perchè, soprattutto in Europa, in base alle analisi degli economisti e di molti esperti – a paritre dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco – la spinta inflazionistica non era dettata da un effettivo incremento della domanda ma di una riduzione dell’offerta, dovuta a fattori geopolitici.
Dunque, la stretta sul credito – generata dal rialzo dei tassi BCE che rendono più caro il costo del denaro – di fatto non risolve il vero problema alla radice.