Nel 2023 la tassa di soggiorno si paga anche a Bari, Caserta, Taranto e in tante altre mete turistiche più o meno note come Castiglione Fiorentino, Paola e Bagnara Calabra, Laveno Mombello e Tarvisio, Chiusaforte, Bagnoregio e Verghereto, Garbagnate Monastero, Ovada e Manduria.
Per l’estate tassa di soggiorno anche a Forte dei Marmi dopo la temporanea sospensione pandemica. Ancora in bilico Bagni di Lucca mentre, dopo due anni di stop dovuto al Covid, è stata riattivata l’imposta anche a Civitanova Marche.
Sono anticipazioni della nuova ricerca dell’Osservatorio nazionale di Jfc sull’imposta che, secondo le previsioni, i turisti italiani e stranieri dovranno pagare per soggiornare nelle strutture ricettive di 1.011 Comuni e negli ambiti provinciali di Trento e Bolzano.
Turismo “con tassa”
Le stime parlano di un giro d’affari di 678 milioni, con un incremento del 9,5% rispetto al 2022. Dovuto anche al caro tariffe, secondo le rilevazioni dell’Osservatorio. Il responsabile Massimo Feruzzi, sottolinea un altro aspetto:
si conferma anche la tendenza, da parte delle amministrazioni comunali, di un utilizzo non perfettamente conforme alla norma di tali risorse e di non chiarezza nella diffusione delle informazioni circa gli investimenti effettuati.
Oltre all’imposta di soggiorno, il contributo di sbarco applicato in 26 Comuni ha portato nelle casse delle rispettive amministrazioni qualcosa come 23 milioni di euro, per non parlare del ticket per i bus turistici in 44 Comuni in Italia (incasso stimato in 143 milioni di euro).
C’è poi anche la tassa d’imbarco sul biglietto aereo – che aumenterà a Venezia e Napoli, e forse anche a Brindisi, secondo l’Osservatorio 2023 – e da quest’anno si pagherà anche una tassa di ingresso a Venezia da 3 a 10 euro se si è escursionisti giornalieri.
Imposta di soggiorno: il podio nazionale
La regione che incamera i maggiori introiti è il Lazio grazie alla presenza di Roma che, da sola, rappresenta il 22,4% di tutte l’imposta nazionale riscossa. Segue il Veneto a quota 12,9% (soprattutto grazie a Venezia) e poi Lombardia e Toscana a parimerito con l’11,7% di tassa di soggiorno incassata, soprattutto grazie a Milano e Firenze.
Sullo sfondo, c’è la questione delle quasi 600mila case e appartamenti vacanza in “sharing hospitality”: molto spesso si creano zone d’ombra nella rendicontazione di queste quote d’imposta. Secondo l’Osservatorio, se si regolamentasse ulteriormente questo comparto in base alla alla tipologia di destinazione emergerebbero oltre 400 milioni aggiuntivi di incassi turistici in forma di imposta.