La Direttiva UE sull’efficienza energetica degli edifici (EPBD – Energy Performance of Buildings Directive) non è ancora stata approvata che già solleva polemiche: l’iter parlamentare europeo inizia a febbraio ma in Italia si è già acceso un acceso dibattito sui contenuti della bozza.
Efficienza edifici: i nuovi obblighi UE
Lo schema di direttiva prevede un adeguamento energetico degli edifici residenziali in due step: classe energetica E entro il 2030 e classe D entro il 2033 (le classi sono in tutto dieci, dalla più alta A4 alla più bassa G).
Ben poche sarebbero al momento le eccezioni: edifici di interesse storico, luoghi di culto, case vacanza (con regole specifiche su mesi di utilizzo annuo e relativo consumo energetico), fabbricati indipendenti (come le villette) con superficie coperta inferiore ai 50 mq.
La situazione in Italia
Il Governo italiano si è già detto contrario all’ipotesi di obbligare gli edifici all’adeguamento imposto dalla direttiva in preparazione, che rientra nell’ambito del pacchetto Fit for 55 (che mira al taglio del 55% di emissioni entro il 2030).
Il motivo è un tale vincolo a così stretto giro imporrebbe costose ristrutturazioni ai contribuenti in un momento già difficile per l’economia (il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, parla di “patrimoniale camuffata”) ed inoltre svaluterebbe il valore degli immobili di classe energetica inferiore.
In Italia, in base ai dati ANCE (Costruttori edili), infatti, il 74% degli immobili non è in regola con la direttiva: oltre 9 miliardi di edifici residenziali su 12,2. Rincara la dose Confedilizia, secondo cui «in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati». Inoltre:
i tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti.
Fra le proposte delle associazioni imprenditoriali, seppur con diverse declinazioni, c’è quella comune di procedere con misure incentivanti invece che con obblighi di legge. Non a caso, la direttiva prevede che gli Stati membri stabiliscano misure finanziarie adeguate per sostenere le famiglie in difficoltà nel mettersi in regola.
Di certo una richiesta alquanto complessa per le casse degli Stati Membri, già messi a dura prova dalla lotta contro il caro prezzi e l’inflazione galoppante.
L’iter di approvazione
Vedremo se la bozza subirà delle modifiche alla luce delle polemiche sollevate. La versione definitiva della direttiva arriverà sul tavolo della Commissione parlamentare ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) il 9 febbraio.
La discussione si preannuncia complessa, con oltre 1.500 emendamenti. L’iter proseguirà poi nell’aula di Strasburgo, e il testo che verrà alla fine votato dovrà poi passare da un ulteriore step negoziale, in cui è coinvolto anche il Consiglio UE, formato dai capi di stato e di Governo dei 27 Paesi Membri.