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Superbonus: Governo inflessibile, imprese al collasso

di Alessandra Gualtieri

14 Novembre 2022 09:00

Il Governo taglia il Superbonus ma dimentica lo sblocco delle cessione: 40mila ditte con crediti incagliati in attesa di conoscere il destino dell'opzione.

Il Superbonus è ad una doppia svolta: dopo un 2021 entusiasmante che ha rilanciato le Costruzioni ed un 2022 in brusca frenata per il contorcersi della normativa sulla cessione dei crediti, il 2023 si preannuncia pieno di incognite.

Vediamo in dettaglio come si profila al momento la situazione.

La posizione di Governo

Il buco da 38 miliardi, di cui ha parlato la premier Giorgia Meloni annunciando la riduzione dell’aliquota dal 1° gennaio 2023, potrebbe indurre l’esecutivo a trovare una soluzione ponte per i soli crediti oggi incagliati, lasciando invece al suo destino il mercato dei bonus fiscali, viste le complesse incognite regolamentari e finanziarie che comporta. Le dichiarazioni in Parlamento non lasciano dubbi sugli intenti. Per usare le parole dIl ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti:

questo governo non ritiene equo destinare una così ingente massa di risorse a una limitatissima fetta dei cittadini italiani.

Il taglio anticipato dell’aliquota al 90% potrebbe dunque portare al definitivo collasso il settore dell’Edilizia, che già annaspa a causa dei crediti incagliati, un circolo vizioso che sta portando le ditte a mollare del tutto la presa. Di fatto è questo il vero nodo irrisolto che impedisce di utilizzare la misura, al 110 o 90 che sia.

Ad oggi la situazione è semi-paralizzata. Nonostante gli oltre 55 miliardi di investimenti promossi in Italia, gli ultimi dati ENEA aggiornati al 31 ottobre scorso lanciano l’allarme riguardo l’impatto negativo che il blocco può generare, soprattutto sulle imprese del settore edile. Sono quasi 40mila, quelle con cassetti fiscali pieni di crediti bloccati e con le casse vuote per impossibilità di portare a termine la cessione.

Le richieste delle imprese

Secondo il report ENEA, il Superbonus – grazie al 110% concesso – ha prodotto benefici sulla filiera edile, sull’economia nazionale e sull’occupazione. L’investimento medio nei condomini è stato di quasi 600mila euro, mentre per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti l’investimento medio è stato di poco superiore ai 97mila euro.

Le imprese chiedono pertanto un intervento dello Stato che consenta di rendere liquidi i crediti accumulati dalle imprese, ma il Governo è di diverso avviso.

ABI (istituti di credito) e ANCE (aziende costruttrici) in una lettera congiunta al governo chiedono di intervenire, con «una misura tempestiva e di carattere straordinario» volta a «scongiurare al più presto una pesante crisi di liquidità per le imprese della filiera che rischia di condurle a gravi difficoltà».

Anima Confindustria sta elaborando un pacchetto di soluzioni di medio-lungo periodo da proporre alle istituzioni, alle quali chiede l’apertura di un tavolo per evitare l’impatto su occupazione e PIL dell’implosione della bolla dei bonus edilizi.

Se davvero ci trovasse una soluzione per consentire alle banche di acquistare di nuovo i bonus, la scadenza anticipata della maxi-detrazione potrebbe spingere gli indecisi ad avviare i lavori prima che la situazione precipiti ulteriormente.

I prossimi mesi saranno dunque determinanti per comprendere il destino del Superbonus e capire se ci sono ancora margini di investimento per le Costruzioni, messe a dura prova anche dal caro materiali che ha trasformato anche il PNRR da eldorado a chimera.