Le previsioni delle agenzie di rating sono forse troppo pessimistiche sul rischio recessione ma è vero che i conti pubblici scontano una nuova riduzione del PIL: la crescita 2023 scenderà sotto l’1%, dopo l’incremento del 3% previsto per l’anno in corso. C’è una nuova drastica riduzione, quindi, ma non uno scenario recessivo come quello previsto, ad esempio, da Fitch.
Sono i numeri intorno ai quali si sviluppa la NaDEF (Nota di Aggiornamento al DEF), che va approvata entro fine settembre per avere le “basi numeriche” necessarie a definire la programmazione finanziaria della prossima Manovra.
Tra l’altro, il calendario della sessione di Bilancio si incrocia quest’anno con quello elettorale. Sarà il prossimo Governo, espresso in base ai risultati del voto del 25 settembre, a mettere mano alla Manovra economica 2023, partendo dai primi numeri che emergono.
NaDEF con PIL in calo
Per il 2022, la stima di crescita resta intorno al 3%, un numero tutto sommato vicino al 3,1% previsto nel DEF (Documento di Economia e Finanza) di primavera. Quello che peggiora visibilmente è invece il risultato 2023, che scende sotto l’1%, contro una precedente stima intorno al 2,3%. Dunque, una nuova riduzione del PIL con un quarto trimestre 2022 in negativo, e un 2023 assai ridimensionato, seppur senza la recessione (-0,7%) prevista da Fitch.
Verso la Legge di Bilancio 2023
La prossima Legge di Bilancio farà quindi i conti con spazi di crescita molto ridotti e conseguente rialzo del deficit. Il costo del debito italiano sta già aumentando: è passato dal 2 al 4% (titoli a dieci anni). In generale, a livello di impatto sui conti pubblici, due punti di crescita in meno producono un aumento di deficit intorno ai 20 miliardi, oltre l’1% di PIL.
Un sentiero stretto, fra bassa crescita e rialzo del deficit, all’interno del quale bisogna inserire una manovra economica. Che, con ogni probabilità, dovrà continuare a sostenere le famiglie a fronte del caro energia e dell’impennata dell’inflazione. E poi dovrà almeno definire il percorso di riforme in stallo da anni: il Fisco, arenato sul fil di lana in Parlamento, le pensioni, che in attesa di riforma strutturale richiederanno ritocchi specifici per il 2023.
La riforma fiscale
La riforma fiscale è stata intrapresa nel 2021, con la parte relativa alle aliquote IRPEF inserita nella Manovra 2022 e dunque in vigore, ma il resto della legge, inserito nella delega approvata dal Governo, non è arrivato al termine dell’iter parlamentare di approvazione. Dunque, una riforma zoppa, che il prossimo Governo e il prossimo Parlamento sono chiamati a riprendere.
I programmi fiscali delle principali coalizioni politiche sono diversi fra loro: si va dal potenziamento della flat tax previsto dal Centrodestra alla continuità con le misure previste dalla delega per il Centrosinistra alle proposte del Movimento 5 Stelle che insiste su Superbonus edilizi e cashback fiscale.
La riforma Pensioni
L’altro capitolo aperto, per la verità da qualche anno, è la riforma pensioni. Ci sono due necessità: continuare a favorire la flessibilità in uscita, per superare le rigidità previste dalle norme su pensione di vecchiaia e pensione anticipata, in un quadro organico di riforma che superi la logica delle proroghe che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Con ogni probabilità, anche il prossimo anno prevedrà una proroga delle formule di flessibilità in uscita: difficilmente si riuscirà a mettere a punto una riforma radicale entro inizio 2023, per cui la Legge di Bilancio prevedibilmente conterrà il rinnovo annuale di misure come l’APE Sociale, Quota 100-102, Opzione Donna. Poi, nel 2023, bisognerà rimettere mano al capitolo della riforma pensioni vera e propria. Conti pubblici permettendo.