I punti del programma di Governo su cui il premier, Mario Draghi ha chiesto la fiducia al Senato si possono così sintetizzare: contrasto all’impennata dei prezzi dell’energia e all’inflazione con un primo intervento entro i primi di agosto (DL Aiuti bis), taglio del cuneo fiscale risorse permettendo, in Legge di Bilancio), rinnovo dei contratti di lavoro e salario minimo, transizione green, la riforma delle pensioni, PNRR e sostegno all’Ucraina e pace in Europa, riforma dei medici di base e forme di autonomia differenziata. Alla fine, la fiducia è stata votata, ma con tre partiti di maggioranza, Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia, che si sono astenuti o sono usciti dall’aula. Risultato: il Governo ha ottenuto la fiducia, ma senza tre dei partiti della maggioranza che lo sostengono. Si va verso le dimissioni del premier.
La crisi politica che si era aperta giovedì scorso, 14 luglio, con le dimissioni di Draghi respinte da Mattarella, che aveva chiesto un passaggio Parlamentare. Lo stesso premier ha riassunto e commentato nel discorso al Senato.
Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta.
Draghi la settimana scorsa ha dato le dimissioni dopo che il Movimento 5 Stelle non ha votato il decreto Aiuti, su cui l’esecutivo aveva messo la fiducia. Il più grosso partito che compone la maggioranza parlamentare non ha votato contro ma ha scelto di non partecipare al voto. Il Governo ha ottenuto la maggioranza. Quindi, tecnicamente, non è caduto. Ma, sottolinea Draghi:
il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità.
Il bilancio di un anno e mezzo di Governo
Il premier elenca le cose fatte in questo anno e mezzo di Governo, i risultati raggiunti, gli ostacoli e i punti critici riscontrati, il programma per portare a termine la legislatura, su cui chiama ad esprimersi il Parlamento. Andiamo con ordine.
- La fine dell’emergenza Covid: «grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica», sottolinea Draghi. Il quale ricorda che «la spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia. Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali».
- Il PNRR: «La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente». Gli obiettivi dei primi due semestri sono stati raggiunti, ai 45,9 miliardi già versati dall’Europa (in tutto, ne arriveranno 190), nei prossimi giorni se ne aggiungeranno altri 21, per un totale di 67 miliardi.
- Le Riforme: Draghi ricorda le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti, oltre alla corposa agenda di semplificazioni.
- La guerra in Ucraina: «con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7». Allo stesso tempo, «non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace – una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura. Siamo stati tra i primi a impegnarci perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale. I progressi che si sono registrati la settimana scorsa in Turchia sono incoraggianti, e auspichiamo possano essere consolidati».
- La crisi energetica: «in pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo», e «siamo intervenuti con determinazione per proteggere cittadini e imprese dalle conseguenze della crisi energetica, con particolare attenzione ai più deboli», stanziando 33 miliardi in poco più di un anno, quasi due punti percentuali di PIL. Contemporaneamente, sono stati intensificati gli sforzi per la transizione verso le energie rinnovabili (fra l’altro, punto centrale del PNRR).
«Il merito di questi risultati – sottolinea Draghi davanti ai Parlamentari – è stato vostro, della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco. La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini».
Il ruolo della società civile
Il ruolo chiave della società civile è un aspetto a più riprese ricordato nel discorso del presidente del Consiglio.
Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione. Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà. Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente. Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano. L’Italia è forte quando sa essere unita.
In questi giorni di crisi politica, la mobilitazione «di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport. Si tratta di un sostegno immeritato, ma per il quale sono enormemente grato». Draghi cita in particolare due appelli, fra i molti che sono arrivati nelle ultime ore a sostegno della continuità di Governo: «quello di circa 2mila sindaci, autorità abituate a confrontarsi quotidianamente con i problemi delle loro comunità», e «quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa».
La mission del Governo
L’Esecutivo si pone l’obiettivo di rispondere «a questa domanda di stabilità», ricreando le condizioni per governare. «È questo il cuore della nostra discussione di oggi. È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini». Negli ultimi tempi, all’interno della maggioranza sono emerse fratture su diversi punti: le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del Catasto, delle concessioni balneari, la politica estera, con particolare riferimento al sostegno verso l’Ucraina. Qui c’è una considerazione specifica sulle scelte di fondo di politica economica di Draghi: «le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito».
Il programma di fine legislatura
Per andare avanti, Draghi ritiene che il Governo debba «muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti»: PNRR e riforme collegate (appalti, concorrenza, giustizia), riforma fiscale, aiuti economici alle famiglie per contrastare il caro prezzi, riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, transizione energetica. Il tutto, senza dimenticare gli sforzi di politica internazionale per tornare alla pace in Europa. Decliniamo tutti questi punti:
- PNRR: «è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud». Entro la fine di quest’anno, «dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro». Il premier cita molti obiettivi specifici, e sottolinea poi il quadro generale delle riforme collegate: codice degli appalti («dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR»), con la riforma approvata e i decreti delegati da portare a termien entro il marzo 2023; concorrenza (servizi pubblici locali, inclusi i taxi, concessioni di beni e servizi, comprese le concessioni balneari), con il ddl da approvare entro la pausa estiva; giustizia (approvate la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari è in Parlamento la riforma della giustizia tributaria, entro fine anno vanno ultimati i decreti legislativi sulla giustizia penale e civile e va approvata la riforma della giustizia tributaria).
- Riforma fiscale: «intendiamo ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi; superare l’Irap; razionalizzare l’Iva». La legge delega va approvata al più presto, per poi passare alla fase di predisposizine dei decreti legislativi attuativi.
- Questione sociale: «abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro». L’andamento della finanza pubblica «è migliore delle attese e ci permette di intervenire, come abbiamo fatto finora, senza nuovi scostamenti di bilancio». Entro i primi giorni di agosto, il Governo conferma l’impegno ad approvare un nuovo decreto Aiuti per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e attenuare l’impatto del caro energia sulle imprese. Poi, gli obiettivi di medio termine: taglio del cuneo fiscale, contratti e salario minimo. Nel dettaglio: spingere sul rinnovo dei contratti, legge sul salario minimo che valorizzi la contrattazione collettiva (in pratica, il salario minimo corrisponde al minimo contrattuale), migliorare il reddito di cittadinanza.
- Riforma pensioni: deve «garantire meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo».
- Politica energetica: diversificare i fornitori per azzerare la dipendenza dalla Russia, accelerare l’installazione dei rigassificatori, a Piombino (entro la prossima primavera) e a Ravenna, transizione energetica (entro il 2030 installare circa 70 GW di impianti di energia rinnovabile). Qui c’è anche un riferimento al Superbonus e in generale alle detrazioni edilizie: «intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi».
- Guerra in Ucraina: armare l’Ucraina, per permettere agli ucraini di difendersi, cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano, tetto al prezzo del gas russo, riforma delle regole europee di bilancio e di difesa comune.
Infine, «ci sono altri impegni che l’Esecutivo vuole assumere e che riguardano, ad esempio, la riforma del sistema dei medici di base e la discussione per il riconoscimento di forme di autonomia differenziata».
La richiesta di fiducia al Parlamento
Quelle del premier sono parole che non lasciano dubbi: il Governo Draghi chiede al Parlamento la fiducia per proseguire nell’azione dell’Esecutivo.
Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti, e voi parlamentari, siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che si è poi affievolito?.
Il dibattito politico
Il dibattito in Aula, e nel corso dei vertici di maggioranza che si sono susseguiti per tutta la giornata, hanno visto il centrodestra presentare una prima risoluzione per cui voterebbe una sorta di fiducia a metà: sì a un Governo Draghi ma solo senza il M5S in maggioranza. In pratica, un Draghi-bis con una maggioranze diversa da quella attuale.
Poi una seconda risoluzione, di Pierferdinando Casini, che invece prevedeva semplicemente di approvare la fiducia. Il testo: il Senato, «udite le comunicazioni del presidente del Consiglio, le approva». Draghi, nella replica del pomeriggio, ha chiesto il voto di fiducia sulla risoluzione di Casini.
Il risultato: 95 voti a favore e 37 contrari. Quindi, tecnicamente il Governo ha ottenuto la fiducia. Ma, di fatto, senza la maggioranza che lo sostiene. Sembrava che Draghi dovesse dimettersi in serata, poi la notizia è rientrata. Ora bisogna capire se domani ci sarà il dibattito alla Camera, o se nel frattempo interverranno le dimissioni.