I timori di una recessione alle porte non si sopiscono dinanzi al timido rallentamento dell’inflazione in Italia: i dati ISTAT di aprile registrano per la prima volta una lieve frenata alla folle corsa dei prezzi, rilevando una diminuzione dello 0,1% su base mensile seppur a fronte di un incremento annuo del 6% (ma era del 6,5% il mese precedente). Ma sullo sfondo la situazione resta preoccupante, anche per la contrazione della crescita economica.
Inflazione: la situazione in Italia
Il freno dell’inflazione non deve illudere troppo. Come spiega l’ISTAT, si tratta di un dato che i camera le misure di contrast alla crisi ucraina disposte dal Governo per tutelare il potere d’acquisto di stipendi e pensioni delle famiglie, compensando in minima parte i rincari subiti anche dalle aziende.
Tale dinamica è imputabile per lo più all’inclusione del bonus energia (elettricità e gas) nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo.
Si tratta di una platea dei beneficiari di circa 5 milioni di famiglie, 3 milioni per il bonus sociale per l’elettricità e 2 milioni per il bonus gas, che adesso ha valenza retroattiva dal primo gennaio 2022. Le tensioni inflazionistiche continuano tuttavia a diffondersi ad altri comparti merceologici, spiega l’ISTAT: Beni durevoli e non durevoli, Servizi di trasporto, Alimentari lavorati, con il “carrello della spesa” schizzato a +5,7%.
Lo scenario internazionale: il rischio stagflazione
I dati Eurostat registrano inflazione galoppante nell’Eurozona, a fronte di un rallentamento costante della crescita. Sullo sfondo, le tensioni sui mercati internazionali, dove le banche centrali si trovano a un bivio: frenare la corsa dei prezzi per frenare l’inflazione senza però ostacolare la crescita economica mettendola a rischio stagflazione.
La sperata ripartenza post-Covid dopo due anni di pandemia sta ripiegando su se stessa prima ancora di decollare, penalizzata dagli effetti distorsivi sui prezzi e le filiere produttive generati da una guerra tanto assurda quanto inattesa, perpetrata dalla Russia ai danni dell’Ucraina e che si combatte con armi di vario genere, in tutti i casi con drammatiche conseguenze.
Di fatto, negli ultimi mesi tanto la FED quanto la BCE potrebbero aver sottovalutato l’effetto domino generato dal caro-prezzi sull’inflazione. Il perdurare della guerra in Ucraina e l’impatto sul prezzo dell’energia ha portato a nuovi record storici per quanto riguarda l’inflazione tanto che a luglio è previsto, dopo anni, un rialzo dei tassi. La sfida non è banale: trovare la quadra per garantire sia la stabilità dei prezzi si quella dell’euro, evitando spirali inflazionistiche dovute dalla perdita del potere d’acquisto dei salari e dalla mancata propensione agli investimenti.
La zona Euro crescendo poco e lentamente ed in molti Paesi si torna a parlare di Patto di Stabilità e di debito pubblico, come ad esempio in l’Italia. Come spiegato a margine della presentazione del DEF, il rischio all’orizzonte è quello di arrivare al 2023 in piena stagflazione, ossia on una mancata crescita accompagnata però da un costante aumento dei prezzi ad aggravare la situazione di crisi economica.
Il rischio recessione e le misure di contenimento
Il timore di entrare in recessione è teoricamente concreto, seppur non nel breve periodo. La verità è che le variabili in campo sono tante, troppe e la vera soluzione sarebbe una sola: la fine della guerra. Nel frattempo, a livello macro-economico si può soltanto agire tutelando i redditi, riducendo i prezzi delle materie prime e dell’energia, incentivando la produzione e distribuzione di energie rinnovabili. Cruciale resta il modus operandi: l’Europa deve restare unita, adottando politiche comuni (non solo in termini di aiuti ma anche di applicazione delle sanzioni) e riscrivendo le regole fiscali a supporto delle economie nazionali.